Dipartimento per la Bigenitorialità
Documento introduttivo del Dipartimento Bigenitorialità*,
Separazioni ed Affido Minori.
Capodipartimento Vincenzo Spavone,
Presidente Gesef Italia e Fondazione Europea Gesef.
*Il termine Bigenitorialità è stato coniato da Vincenzo Spavone alla fine degli anni 90 ed inserito nella Legge 54 del 2006, meglio conosciuta come Affido Condiviso.
Con tale principio giuridico il bambino smette di essere “oggetto di Tutela” e diventa “Soggetto di Diritto”.
Premessa.
Attività e contesto di riferimento.
Ci si avvale dell’esperienza dell’Associazione Gesef (Genitori separati dai Figli) che opera su Roma e nel resto del Paese dal 1994, fornendo assistenza e supporto sia legale che psicologico ai genitori che affrontano la crisi del rapporto di coppia ed a quelli separati dai figli. Il patrimonio di conoscenza ed esperienza empirica acquisito attraverso la disamina e lo studio di oltre 35.000 casi ci consentono di ben comprendere i meccanismi -burocratici, ideologici, di interesse ed utilità personale- che orientano il funzionamento del sistema socio-giudiziario di "tutela dei minori".
Sulla base di tale esperienza, sugli approfondimenti e studi della materia dell’Osservatorio Nazionale delle Famiglie Separate diretto da Elvia Ficarra, e del Dipartimento Gesef Minori Fuori Famiglia, il Movimento Politico di Riva Destra ha inteso costituire al suo interno il Dipartimento Bigenitorialità.
Come Dipartimento Bigenitorialità di Riva Destra quindi, intendiamo farci portavoce delle problematiche inerenti la dissoluzione delle relazioni familiari e fornire un preciso quadro delle implicazioni e conseguenze che tale dolorosa esperienza comporta soprattutto per i minori coinvolti.
Fornire le possibili soluzioni fino alle proposte concrete ed operative per la risoluzione dei conflitti.
A partire dalle Amministrazioni Regionali
e Comunali di tutt’Italia.
Il contesto separazione/divorzio.
Allo stato attuale il numero di Famiglie separate ha equiparato quello delle Famiglie non separate. interessando non meno di 20 milioni di persone, tra Genitori coinvolti e altre figure parentali, in particolare i Nonni.
Il numero complessivo dei figli minori di genitori separati è una cifra estremamente fluida, in continua evoluzione: se oltre 100.000 figli si aggiungono ogni anno alla schiera dei minori coinvolti nella separazione dei genitori un numero imprecisato esce dalle statistiche per aver raggiunto la maggiore età.
Non rientrano nelle statistiche ISTAT i figli minori nati da convivenze interrotte.
I minori italiani attualmente coinvolti nella separazione dei genitori sono oltre 1.400.000 (Fonte: Parlamento Europeo).
L’affidamento dei figli ed i tempi di frequentazione costituiscono i più aspri terreni di scontro fra genitori separati.
La legge 54/2006 sull’Affido Condiviso, che modifica l’art. 155 del codice civile, sancisce il principio della Bigenitorialità, inteso quale diritto del minore a mantenere l’apporto affettivo/educativo di entrambi i genitori (e di ciascun ramo parentale) anche dopo la separazione/divorzio, garantendo
la pariteticità dei ruoli genitoriali e delle responsabilità.
Principio già previsto da direttive europee e dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia. del 1989. L’affido ad un solo genitore resta una misura residuale, -specificatamente motivata dal giudice- nel caso che l’altro risulti di comprovato pericolo per la prole.
La legge è stata varata grazie alle instancabili ed annose sollecitazioni del Movimento dei Genitori Separati, che hanno superato l’ostracismo di parlamentari rappresentanti di alcune frange della magistratura, avvocatura ed altre categorie professionali interessate al mantenimento della conflittualità per l’indotto economico che produce.
Ad oggi il bilancio circa l’applicazione della riforma è deludente: sia sul piano giudiziario, sia sul piano della modifica dell’atteggiamento culturale da parte degli operatori dei Servizi preposti all’Infanzia ed alla Famiglia, sia delle politiche sociali a sostegno della Bigenitorialità completamente assenti.
Il monitoraggio effettuato dalle Associazioni di Genitori dalla sua introduzione rileva che la modifica normativa è male interpretata, ed applicata solo formalmente Permane la logica di negoziazione in ordine al calendario di visite tra i figli ed uno dei genitori ed agli accordi patrimoniali tra la coppia.
Logica che intende garantire i noti privilegi al genitore affidatario/ collocatario e perpetuare l’estromissione dell’altro, monetizzando il ruolo muliebre/materno e riducendo a bancomat quello paterno.
Appare evidente come la prassi continui a privilegiare la figura materna, sulla base di un radicato stereotipo culturale che vuole il padre incapace di accudire quotidianamente un figlio minore e ne delega acriticamente alla madre l’intero carico. Ma anche in funzione degli interessi ideologici, di potere e di business dell’Apparato socio-giudiziario, che incrementa la conflittualità per poi poterla gestire in maniera autoreferenziale ed autolegittimante. Il figlio è quindi utilizzato -e manipolato- per ottenerne l'affidamento con tutti i benefici del caso (assegnazione della casa coniugale, assegno di mantenimento, benefits amministrativo/sociali, ecc.), che giustifica e legittima - in assenza di adeguati deterrenti - il controllo e/o l’alienazione del preesistente rapporto con l’altro genitore.
Consuetudine con cui il Sistema Socio-Giudiziario ha codificato presunti diritti di genere, in realtà rivendicazioni risarcitorie contro l’altro, sia sul piano economico che psichico, privilegiando le esigenze di un adulto a scapito dei bisogni e dei diritti dei figli, in nome della loro tutela.
Ciò induce una metà della coppia a percepirsi aprioristicamente favorita rispetto all’altra, poiché titolare di tutti i diritti ma estranea a qualunque dovere.
Ed impone all’altra metà -solitamente il padre- l’espropriazione del proprio ruolo ed il depauperamento delle risorse economico/patrimoniali.
La casa coniugale continua ad essere assegnata gratuitamente al genitore col quale vivono i figli (affidatario con la normativa ante 2006, coabitante con quella attuale), indipendentemente dal titolo di proprietà, e da chi effettivamente è intestatario del mutuo. Uno dei genitori ne gode tutti i benefici di carattere sociale ed economico, mentre l’altro ne subisce esclusivamente le ripercussioni negative: trasloco entro il tempo massimo di 30 gg., modifica delle proprie abitudini, allontanamento dal posto di lavoro e dalla rete amicale/parentale, acquisto di nuova mobilia ed elettrodomestici, allacciamento nuove utenze, etc.
Cui deve far fronte col reddito residuo, ovvero ciò che resta dopo aver detratto le voci fisse mensili relative al mutuo o altre spese della casa di cui non ha più l’uso, al mantenimento dei figli, ed eventualmente dell’ex coniuge qualora privo dimezzi sufficienti al proprio sostentamento.
Con una somma così drasticamente ridimensionata il genitore separato deve provvedere alle esigenze dei figli, nel corso delle frequentazioni, ed alle salatissime spese legali.
Le difficoltà economiche che ne derivano sono lampanti: la Caritas registra l’incremento annuale di padri incolpevoli brutalmente espulsi dalla famiglia, appartenenti al ceto medio e perlopiù titolari di reddito fisso, privi di alternative logistiche e mezzi di sussistenza, La conseguenza diretta, ampiamente riscontrabile nei monitoraggi sulla casistica pregressa, consiste nel grave e spesso irreversibile impoverimento del rapporto genitore-figlio: destrutturazione dell’autorevolezza, alienazione del ruolo-guida, impossibilità di svolgere ogni normale attività, umiliazione progressiva fino al rifiuto dei figli di proseguire gli incontri con la frequenza prevista dalle misure di separazione.
Escalation della conflittualità.
Non sempre il conflitto termina con la decisione giudiziaria relativa all'affidamento: la nefasta ideologia che si esprime nei procedimenti di separazione -stabilire chi ha torto e chi ha ragione, il “vincente” ed il “perdente”- spesso accentua l'aggressività e l'equivocità dei rapporti.
Chi ha esperienza di questo doloroso fenomeno, sa bene che la gamma di azioni e manovre che il genitore “vincente” intraprende per tentare di alienare i figli dal genitore “perdente” è impressionante.
Dai banali ostacoli frapposti alle normali frequentazioni fino ad una sottile, assillante, continua opera di distruzione della figura e ruolo dell’altro genitore allo scopo di indurre il figlio a rarefare o rifiutare gli incontri.
Quando le piccole ritorsioni, denigrazioni, dispetti, cattiverie non sono più sufficienti per allontanare il padre dal figlio e il figlio dal padre, si alza il tiro e inizia la sequela delle denunce.
Una schiera di avvocati e/o psicologi, che sulla conflittualità tra ex coniugi hanno costruito ingenti fortune economiche e consolidate carriere, suggeriscono alle loro clienti un ventaglio di possibili denunce a carico del partner per reati che vanno dalle percosse ai maltrattamenti fino all’abuso sessuale anche sui figli, a seconda del danno che intendono provocare, garantendo la ormai radicata certezza dell’impunità quando le accuse si riveleranno calunnie.
In parallelo la burocrazia di matrice femminista/misandrica, ormai insediata in tutte le istituzioni, si prefigge l'annientamento della figura maschile/paterna criminalizzata tout court quale fonte di oppressione e violenza.
La manipolazione ideologica effettuata attraverso i media, diffondendo con cadenza martellante dati pseudoscientifici contraffatti o inventati, mira ad accelerare il deterioramento delle relazioni familiari. Facendo leva sulle problematicità emotive delle donne/madri più fragili le istiga ad azioni giudiziarie di carattere vendicativo e risarcitorio contro il partner, sia sul piano economico che psichico, strumentalizzando impunemente i figli laddove necessario.
Approfittando del clima culturale imperante, per cui l’uomo accusato di qualsivoglia violenza è sempre colpevole fino a prova contraria, è sufficiente una segnalazione in tal senso presso il Tribunale a carico del partner per far scattare l’immediata sospensione delle frequentazioni padre/figli, raggiungendo in tal modo l’obiettivo minimo. Si entra così nel girone infernale dei Tribunali, dei Servizi Sociali, dei Consulenti Tecnici, delle indagini ambientali, in un clima di sospetto e criminalizzazione devastante.
Un meccanismo burocratico con tempi lunghissimi, spesso inefficiente, che alimenta a sua volta la conflittualità esistente, e provoca danni talvolta irreversibili proprio sui più deboli che dovrebbero essere “tutelati”: i bambini.
Il genitore bersaglio perde totalmente il contatto con i figli per mesi, spesso per anni, sottoposto nel frattempo al vaglio di psicologi, consulenti, assistenti sociali, in un crescendo di umiliazioni che ne logora la dignità, la forza morale e il sentimento paterno. Qualcuno, esausto, si arrende abbandona il campo, mantenendo per legge l’esclusivo ruolo di “ufficiale pagatore”, salvo poi essere additato a vita come genitore assente, irresponsabile ed egoista.
Altri finiscono sui giornali: le cronache ci informano quotidianamente degli atti inconsulti -omicidi-suicidi- di chi, superata la soglia della disperazione, viene poi liquidato come “il folle genitore che non accettava la separazione”.
Il figlio è nel frattempo sottoposto ad ogni sorta di condizionamenti e plagio.
Se indicato come presunta vittima di violenza viene trascinato da un pronto soccorso allo studio di un psicologo nella vana ricerca di prove certificate, e spesso nei tribunali per testimoniare contro l’altro genitore; si sente confuso nel suo sentimento di lealtà verso l’uno o l’altro genitore; in colpa per aver fatto o detto qualcosa che ha allontanato uno di loro, sicuramente abbandonato, al punto da sviluppare un sentimento di rifiuto come autodifesa. Si accumulano le ferite nella sua psiche, e nessuno può o vuole prevederne le conseguenze.
Nella stragrande maggioranza dei casi tali denunce vengono archiviate, o gli accusati prosciolti. Per porre rimedio alla sua scelleratezza il Sistema Tutela del Minore non trova di meglio che ripristinare la relazione figlio/genitore incolpevole in maniera “graduale”, attraverso gli incontri protetti: qualche ora settimanale in luoghi estranei ad entrambi sotto la “supervisione” di assistenti sociali e psicologi che perpetuano la dissacrazione del ruolo genitoriale. Il costo umano e sociale di questo meccanismo perverso è incalcolabile. Occorre poi aggiungere l’enorme costo economico; in parte sopportato dai diretti protagonisti, per il resto a carico dei contribuenti.
In un rapporto governativo del 1998 già si evidenziava che un terzo delle denunce di abuso sessuale su minori riguardava figli di genitori separati/divorziati, dove l’accusato è il padre e/o altro familiare paterno.
Altri rapporti scientifici indicano che oltre l’80% di tutte le segnalazioni di abuso intra-familiare risultano infondate. In base alla nostra esperienza, ed agli studi da noi effettuati su documentazione giudiziaria, possiamo affermare che un terzo dei padri separati che si sono rivolti alle nostre strutture hanno subito -insieme ai loro figli- la violenza di questi procedimenti, esitando nel 97% con l’archiviazione o l’assoluzione per insussistenza del reato.
Si evince quindi il consistente numero di bambini sottoposti a devastanti manipolazioni psicologiche, ricattati, schiacciati da pesanti sensi di colpa per aver avallato accuse infondate contro il genitore bersaglio, costretti a recidere il legame affettivo con quest'ultimo e con l'intera area parentale (nonni - zii - cugini paterni).
Come più volte segnalato anche da fonti parlamentari (Sen. Augusto Cortelloni, 2000), dietro al clamore destato da alcuni casi di autentica violenza sui bambini si è prodotta una mistificazione dei dati ed un assillante allarmismo intorno all’abuso sessuale intrafamiliare che giustifica e legittima l’operato al di fuori di qualunque controllo di organismi istituzionali e non, preposti alla cosiddetta “tutela del minore”. Che avendo perso di vista il confine tra l’individuazione dei casi reali di pedofilia dalla sua ossessione, si configura ormai come abuso psicologico perpetrato a livello istituzionale, che determina traumi gravissimi e conseguenze irreparabili sulla personalità infantile in evoluzione, non previsto e non sanzionato da alcuna legislazione vigente.
La lotta alla pedofilia è un impegno primario dell’intera società: per vincerla occorre prima sgombrare il campo dalla cortina fumogena che l’avvolge.
Da oltre 20 anni si denuncia la prevaricazione di una prassi giudiziaria ed amministrativa che azzera le garanzie costituzionali, e si pone in discussione ruolo e funzionamento dei Tribunali Minorile, oltreché qualifica e competenze di quanti -magistrati, psicologi, assistenti sociali- intervengono pesantemente nella vita e negli affetti di migliaia di famiglie, devastandole.
Benché tutti gli attori di queste tragiche messinscene siano perfettamente consapevoli che si tratta perlopiù di accuse strumentali, che le principali vittime sono proprio i minori del cui “supremo interesse” tutti si riempiono la bocca, molti le tasche, altri la carriera, pochi hanno il coraggio di punire tali azioni. Rarissime le sentenze che condannano severamente una madre -o chi per lei- per calunnie contro l’ex marito e strumentalizzazione dei figli al fine di allontanarli dal padre; ed ancora più rare le decisioni di invertirne l’affidamento.
E difatti, dopo pochi mesi dall’archiviazione, parte un’altra denuncia e si ricomincia daccapo. La maggiore responsabilità di tale meccanismo non è di chi lo pone in essere, ma di chi lo consente.
Una visione manichea che vittimizza a priori la categoria delle mogli-madri e criminalizza tout court quella dei mariti-padri ha determinato il paradigma in base al quale proteggere e garantire l’interesse della madre contro il padre equivale a proteggere e garantire l’interesse dei figli minori.
E’ una posizione ideologica deresponsabilizzante, remunerativa ed ignobilmente colpevole, ben radicata sia dentro che fuori le Istituzioni. Gli spazi di credibilità ed impunità che consente incentivano meschine azioni di rivalsa e ricatto da parte di chi ha il coltello dalla parte del manico, le cui conseguenze deleterie ricadono soprattutto sui minori, ma anche sui genitori, sia il vincitore che il vinto.
Istituzionalizzazione dei minori.
La tutela del minore -in tutte le sue forme: ideologiche, legislative e giuridiche- appare sempre più come un meccanismo di controllo sociale. Inizialmente in funzione antimaschile, poi affermato il discredito e l’azzeramento del valore paterno sta ora intaccando anche quello materno.
Molte madri, dopo aver consumato immense energie nell’antagonismo con l’altro sesso, si scoprono anch’esse intercambiabili, fragili, sopraffatte dalla solitudine e dalla depressione, disarmate nei confronti di figli non più gestibili. Non ce la fanno a sopportare l’intero carico educativo di cui si sono volute appropriare. I figli crescono privi di validi modelli di riferimento con i quali misurarsi: si moltiplicano problematiche, devianze, comportamenti vessatori e ricattatori di cui sono stati vittime, strumenti e testimoni.
Troppo spesso viene fatto un uso strumentale delle richieste d'aiuto pervenute ai Servizi Sociali da genitori in difficoltà. I servizi preposti a sostenere la genitorialità ed a lenire eventuali disagi dei minori, sono al tempo stesso tenuti a soddisfare l'utenza istituzionale costituita dai giudici minorili, che ne inquina irreparabilmente la credibilità e funzionalità.
Il servizio, cioè, senza smettere i panni dell’erogatore di sostegno e di intervento al cittadino che ne fa richiesta, agisce contemporaneamente a scopi fiscali ed indagatori, per acquisire informazioni e prove con cui il giudice minorile possa supportare gli interventi di autorità, da eseguire anche con modalità forzosa.
All'autorità del padre -completamente esautorato delle sue funzioni- si è così sostituita l'autorità dello Stato. Che attraverso i suoi apparati -perlopiù al femminile- invade la famiglia e assiste, consiglia, concede benefici di varia natura, tutela, cura, sostiene.
Ma al contempo controlla, valuta, diagnostica, impone, allontana, giudica e punisce. Senza consentire difesa.
Il binomio Servizi Territoriali/Tribunale, definendo autonomamente le modalità d'intervento attraverso la "interpretazione" del comportamento e delle emozioni piuttosto che sull'accertamento dei fatti, è percepito dalla cittadinanza come un sistema intrusivo e devastante di controllo delle relazioni familiari
Sembra sottendere, nell'attitudine degli operatori, un pregiudizio ideologico che considera lo Stato comunque migliore rispetto alla famiglia e quindi legittimato ad intervenire - anche in assenza di rischio effettivo - per sanzionarne e regolamentarne il comportamento nei confronti della prole.
La sottrazione legale della prole ad uno o entrambi i genitori, con conseguente istituzionalizzazione, più che un intervento di aiuto al minore ha ormai assunto un carattere sanzionatorio, che si coniuga in maniera sospetta agli interessi economici delle figure professionali che operano nel contesto della tutela del minore.
Dal varo della legge 285 del 1997, attuativa della Convenzione ONU, che stanziava oltre mille miliardi di lire, si è moltiplicata a livello esponenziale la nascita di Centri per il trattamento, la cura e l'accoglienza dei minori presunti abusati/maltrattati, finanziati appunto con detti fondi. Al contempo si riproducono strutture di accoglienza -sempre a carico del contribuente- per madri con figli presunte maltrattate, dove il sostegno alla genitorialità appare piuttosto un controllo sull’intero nucleo familiare.
Esattamente a partire da quella data si sono centuplicati anno dopo anno le segnalazioni di abusi sessuali e maltrattamenti endofamiliari.
Ad oggi sono circa 500.000 i minori in carico ai servizi sociali in ambito nazionale, e 40.000 quelli "ospitati" presso case famiglia o pseudo-affidatari su decreto dei TM, al costo medio di Euro 100/150 al giorno -cui occorre aggiungere quello delle psicoterapie e dei procedimenti giudiziari- sostenuto dalla collettività.
L’inchiesta giudiziaria attivata nella provincia di Reggio Emilia (Bibbiano) conferma quanto denunciamo da anni: la cd “tutela del minore” si rivela manipolazione di bambini ed adulti per alimentare un ricco business basato su ideologia misandrica ed antimaterna. Cui spesso anche operatori responsabili devono adeguarsi per conservare il posto di lavoro.
Oltre un terzo dei minori istituzionalizzati proviene da famiglie separate/divorziate o monoparentali. Si calcola un numero di cinquemila i bambini sottratti a madri single o separate/divorziate ritenute inidonee, precipitate nell’iter socio-giudiziario sopra descritto a seguito di segnalazioni effettuate dagli stessi Servizi Sociali preposti a fornire aiuto e sostegno. Le cifre sono di fonte governativa, ma nessun ente conosce il numero esatto dei minori istituzionalizzati, né il loro destino, né il destino di altri nel frattempo "rilasciati" poiché maggiorenni.
Riva Destra farà richiesta formale agli organi tecnici/amministrativi di ogni Comune per conoscere il numero reale dei bambini “ospiti” di strutture sia laiche che religiose. Nonché il numero esatto delle stesse e dei costi relativi. Solo a Roma stimiamo non meno di 3500 i minori affidati ai Servizi Sociali Capitolini.
Questo sistema di "tutela dei minori", per legittimare e finanziare se stesso, appare orientato a costruire, esasperare ed alimentare quello stesso disagio di cui potersi occupare. Sovvertendo il rapporto causa-effetto, costituisce la cura (o meglio, l’esigenza di gestire la cura) che genera il malessere. Colpisce, incontrando terreno fertile, relazioni familiari già compromesse (separazione/divorzio conflittuale) e famiglie problematiche, che necessiterebbero piuttosto di aiuto concreto e sostegno. Risulta invece latitante laddove il disagio dei bambini -o peggio lo sfruttamento organizzato- è endemico e sotto gli occhi di tutti: ad esempio l'accattonaggio.
Conclusioni.
L’interminabile iter socio-giudiziario che si avvia nel contesto del conflitto separativo e del disagio minorile segue paradigmi standardizzati, anche sulla base di protocolli stilati a partire dagli anni ’90 tra Comune, Tribunali Minorile e Civile, ASL, da cui sono escluse le associazioni di genitori preposte alla tutela dei loro diritti e di quelli dei loro figli.
Il Servizio Sociale, soprattutto dietro mandato dell'Autorità Giudiziaria, e quello privato accreditato, che dovrebbe conseguire risultati efficienti ed operare con la massima trasparenza e competenza, invece:
- quando interviene per il contenimento della conflittualità tra ex coniugi in merito alla gestione dei figli non solo si dimostra totalmente fallimentare ma la alimenta ulteriormente;
- quando richiesto di sostenere la genitorialità ostacola invece la relazione figli/genitore bersaglio;
- quando preposto a fornire aiuto alla famiglia disagiata tende invece a lacerarla sottraendole i figli minori per internarli in Istituti finanziati con fondi pubblici.
Nonostante gli esiti scadenti o negativi della prassi applicata, la stessa si ripete burocraticamente in maniera piatta ed uniforme senza mai sperimentare soluzioni alternative.
Gli assistenti sociali e psicologhe ASL si avvalgono di un potere indiscusso -usato spesso in maniera coercitiva nei confronti del cittadino sottoposto a ricatto emotivo- e relazionano a loro piacimento senza alcun controllo sul loro operato. Ciò accresce la sfiducia nei Servizi preposti alla famiglia -ambito quanto mai delicato che investe gli affetti ed i legami più profondi- da parte dei cittadini-utenti-contribuenti, anche quando non direttamente coinvolti ma comunque consapevoli degli abusi perpetrati.
Alla luce di tutte queste riflessioni, risultanze di studi ed approfondimenti, il Dipartimento “Bigenitorialità” di Riva Destra si rivolgerà al Parlamento ed a tutti i Comuni d’Italia sollecitando un espresso riconoscimento circa l'importanza del ruolo paterno congiuntamente a quello materno per la crescita psicofisica dei minori nelle diverse fasi della loro vita; riconoscimento essenziale e determinante per la concreta attuazione del Diritto alla Bigenitorialità dei minori e delle pari opportunità genitoriali tra uomo e donna. Si propone un cambiamento epocale delle prassi e delle metodologie degli apparati amministrativi interessati nelle problematiche relazioni Cittadini/Servizi Sociali. Nonché un controllo sistematico dell’operato dei Centri accoglienza ed assistenza minori.
4 proposte operative per le Regioni ed i Comuni Italiani.
1. Istituzione del Garante della Bigenitorialità* .
E’ la proposta operativa e pratica di Riva Destra per promuovere la Cultura della Bigenitorialità nelle Regioni e nei Comuni d’Italia.
Il Garante ha competenze autonome e deliberanti in merito a tutti i procedimenti amministrativi e giuridici che interessano la pubblica amministrazione per i provvedimenti limitativi del rapporto Genitori/Figli. Risponde direttamente al Governatore della Regione od al Sindaco e può essere istituito attraverso Legge Regionale o per diretta Delega del Governatore o del Sindaco.
E’ a capo di uno specifico Ufficio riservato ai Genitori Separati ed alle problematiche relazionali con i loro figli, e pone particolare attenzione per i minori allontanati ed ospiti nelle strutture di accoglienza . La preparazione giuridica amministrativa degli operatori di questo ufficio deve essere particolarmente specifica del settore per le implicazioni giuridiche, amministrative e psicologiche che coinvolgono minori e genitori. L’Ufficio si avvale della collaborazione, esperienza e partecipazione delle Associazioni di Genitori Separati presenti nel territorio con operatività almeno decennale. Il Garante della Bigenitorialità promuove altresì azioni culturali e campagne di informazione e di promozione come convegni e dibattiti, nonché iniziative esterne pubbliche.
Il Garante è scelto tra le personalità associative e culturali che più si sono distinte negli ultimi 10 anni.
Il Garante della BIGENITORIALITA’ risponde direttamente al Governatore o al Sindaco e si occupa di tutti i procedimenti giuridici ed amministrativi che coinvolgono la Pubblica Amministrazione in rapporto con i Tribunali e le Famiglie con minori.
*Allo stato attuale le istituzioni preposte (Garante nazionale e regionale dell’Infanzia, Bicamerale Infanzia ed altri organismi simili) non si occupano di bambini coinvolti in sottrazioni o separazioni dai loro genitori, essendo non operativi ma solo di indirizzo. Amministratori e consiglieri di Regione e Comuni che prima chiedono il voto ai cittadini non possono poi disattendere le problematiche di chi li ha eletti, nascondendosi dietro l’alibi che trattasi di una questione politica nazionale.
E’ nei territori che maturano ed esplodono i conflitti familiari. Quando la Pubblica Amministrazione è investita ed incaricata a risolverli, la Parte Politica che amministra quel territorio deve rispondere in primis ai suoi cittadini votanti e non esclusivamente all’autorità giudiziaria, con cui collabora attraverso Protocolli di Lavoro e non in regime di subalternità.
I Servizi Sociali sono dipendenti della Pubblica Amministrazione: la loro operatività fa riferimento agli indirizzi decisi dalla parte politica.
Le/gli Assistenti Sociali sono dipendenti dei Comuni e non dei Tribunali: per cui prima di inviare relazioni il responsabile politico deve averne conoscenza approfondita per evitare o prevenire allontanamenti ingiusti o peggio il business delle Case Famiglia. E’ invece di prassi ribadire: “sulle questioni che riguardano i servizi sociali noi non possiamo metterci bocca o non possiamo farci nulla”.
2. Revisione dei Protocolli di Lavoro.
istituiti tra i Comuni (Assessorato ai Servizi Sociali o Assessorato alla Famiglia) e il Tribunale per i Minorenni (e/o altri Tribunali), in modo da prevedere procedure più snelle e tutela dei Diritti delle persone coinvolte.
Con la partecipazione di associazioni che rappresentano le famiglie separate, provviste di titoli ed esperienze tali da accreditarle in tale procedimento.
Si richiede inoltre di videoregistrare gli incontri tra le parti, specie in presenza di minori, e la sottoscrizione condivisa dei relativi verbali, con rilascio all'utente di copia delle relazioni prima dell’invio ai Tribunali di competenza da parte dei Servizi (aspetto giuridico già chiarito dal Garante della Privacy con specifica sentenza per un ricorso di un genitore romano).
Anche i GIL (Gruppo Integrato di Lavoro tra Servizi comunali e Dipartimenti ASL) vanno riconsiderati al fine di determinare specifiche competenze e responsabilità giuridiche. Non è più tollerabile l’impianto di scatole cinesi che il genitore affronta quando si relaziona con la pubblica amministrazione a seguito di provvedimento dell’Autorità Giudiziaria.
3. Istituzione di una Commissione Consiliare Permanente di verifica, controllo e monitoraggio delle competenze ed attività di Centri e Strutture convenzionate con i Comuni preposte all’accoglienza, collocamento e temporaneo soggiorno sia dei minori allontanati dalle famiglie, sia dei genitori in momentanea permanenza abitativa. Ogni Centro Convenzionato ha l’obbligo di relazionare annualmente alla Commissione l’operato svolto e il rendiconto spese/benefici. La Commissione ha la facoltà di ammonire, censurare, sino a revisione della Convenzione e/o recessione dei fondi accordati. Con facoltà di aderire a vie legali in caso di palese danno amministrativo e dell’immagine/decoro della Pubblica Amministrazione.
4. Status di Genitore Sfrattato.
Equiparare la categoria dei genitori separati con figli minori non conviventi -costretti a lasciare la propria abitazione a seguito di sentenza di separazione/divorzio o decreto del Tribunale per i Minorenni- allo status di cittadini sfrattati per finita locazione, indipendentemente dal titolo di proprietà dell’abitazione assegnata in via giudiziaria all’altro genitore convivente con la prole.
Ciò consentirebbe loro di usufruire di assistenza alloggiativa temporanea nella prima fase di emergenza e successivamente accedere all’edilizia residenziale pubblica in base al reddito realmente disponibile che residua una volta decurtate le obbligazioni stabilite dalla sentenza medesima.
Inoltre le Amministrazioni devono stipulare con i Costruttori di Piani di Zona o di complessi abitativi di edilizia agevolata una percentuale di mini o piccoli appartamenti destinati ai genitori separati .
Tale status è subordinato al previo accertamento di assenza di ulteriori redditi derivanti da rendite finanziarie o altre proprietà immobiliari e di indisponibilità di alloggi alternativi situati nel territorio provinciale.
La Famiglia, nel suo insieme, rappresenta una significativa priorità, una vera Mission, nell’impegno del programma di Riva Destra. Il nostro impegno è finalizzato ad un Nuovo Rinascimento dell’Infanzia e delle Famiglie, che rimetta in primo piano le relazioni familiari favorendo altresì la ripresa demografica del nostro Paese.
Per Riva Destra la Famiglia è un Valore per il Paese, e Paternità e Maternità sono le colonne portanti di questo valore.
Altro che Genitore 1 e Genitore 2 … …
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