Macchine.
Macchine che vanno avanti per forza d’inerzia.
E poi chiacchiere, tante chiacchiere, infinite chiacchiere.
Un tempo le azioni prima si facevano e poi venivano comunicate.
Oggi si comunicano e quasi mai poi si fanno.
L’ormai stantio copione del teatrino della politica vede da un lato i cittadini ridotti a meri consumatori e dall’altro i parolai che obbediscono agli ordini dei centri di interesse.
La comunicazione, nella politica, è ridotta ad avanspettacolo.
Il copione è simile a quello dell’industria del calcio.
In 90 minuti si decide la partita ma di quei 90 minuti si parla prima e poi per settimane.
Tre quotidiani nazionali che si occupano di sport, decine di talk show (rectius: zuffa show) che vedono come ospiti fissi politici. Che tutto dicono per nulla dire.
Paghiamo profumatamente strutture che producono questi sub-spettacoli, comparse che si presentano impunemente innanzi ai teleschermi, claques che si sperticano in sorrisi e battimani.
E mentre tutto questo circo fa parte dell’ordinario, fuori lo straordinario viene declassato ad ineluttabile.
Suicidi a raffica di imprenditori, imprese che si trasferiscono all’estero, disoccupazione alle stelle, invasione di immigrati senza passato e senza futuro, rom liberi di saccheggiarci, sporcizia in tutti gli angoli del nostro Paese, strade e piazze ridotte a latrine. Artigiani, commercianti, medici, avvocati, ingegneri etc. (o quel che rimane di loro), per non parlare delle grosse società, che fanno a gara a chi evade di più.
E agli altri tasse, tasse a non finire.
Inutile chiederci poi come quelle tasse vengano utilizzate. Stipendi ed indennità assurde per parlamentari e consiglieri regionali, per i manager e burocrati di Stato e poi ancora vitalizi e pensioni attribuite senza equità.
In Italia è stato messo in piedi un sistema che si autoalimenta.
Il politico serve al sistema ed il sistema serve al politico.
I padri costretti a servire i politici nella speranza/illusione di vedere assegnato un posto ai propri figli, i figli costretti a chinarsi o ad emigrare.
Gli imprenditori che pagano mazzette a go-go per appalti nel settore pubblico non fanno più notizia.Trovarne uno che non paga il “pizzo” (vuoi ai politici o alla mafia) è cosa rara come un ciclista che non si dopa.
Il nostro Paese è malato grave, agonizzante da lungo tempo.
Troppi di noi vivono senza morale, senza senso civico, senza rispetto di alcuno.
Lo scempio è sotto gli occhi di tutti ma, proporzionalmente, in pochi sembrano rendersene conto.
Come uscirne?
Se avessi la formula magica mi chiamerei Merlino ma il mio nome è un ben più modesto Giuseppe.
Ed allora, per quanto mi riguarda, ho cominciato a rimboccarmi le maniche e a smetterla di delegare tutto agli “altri”.
Ho deciso che il futuro mi appartiene e che non intendo più assistere allo scempio innanzi descritto stando comodamente seduto in poltrona o lamentandomi e basta.
Ho deciso di impegnarmi in prima persona, rivedendo alcune cose nei miei comportamenti.
Ho deciso di trasformare la rabbia in energia positiva, l’apatia in empatia, di scambiare notizie ed informazioni con il prossimo, di combattere affinché ci sia speranza per una rinascita delle coscienze, di quante più coscienze possibile.
Ci sono battaglie che non sono di destra o di sinistra, non rivestono colore politico, ma sono ispirate a principi universali ed ogni mia fatica, ogni stilla del mio sudore non sarà sprecata se avrò combattuto per una battaglia giusta: l’Amore per la mia Italia.
Sulla Riva Destra questo Amore lo sento vivo più che mai ed è per questo che ho deciso di schierarmi in prima linea. Una prima linea dove parole come onestà e correttezza non sono vuote di significato ma, al contrario, dense espressioni di comportamenti ed azioni quotidiane.
Se in tanti sapremo convertire la rassegnazione in energia positiva, la speranza sorgerà ogni giorno nel nostro cuore come il sole, illuminando questa nostra attuale buia esistenza.
Giuseppe
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Macchine che vanno avanti per forza d’inerzia.
E poi chiacchiere, tante chiacchiere, infinite chiacchiere.
Un tempo le azioni prima si facevano e poi venivano comunicate.
Oggi si comunicano e quasi mai poi si fanno.
L’ormai stantio copione del teatrino della politica vede da un lato i cittadini ridotti a meri consumatori e dall’altro i parolai che obbediscono agli ordini dei centri di interesse.
La comunicazione, nella politica, è ridotta ad avanspettacolo.
Il copione è simile a quello dell’industria del calcio.
In 90 minuti si decide la partita ma di quei 90 minuti si parla prima e poi per settimane.
Tre quotidiani nazionali che si occupano di sport, decine di talk show (rectius: zuffa show) che vedono come ospiti fissi politici. Che tutto dicono per nulla dire.
Paghiamo profumatamente strutture che producono questi sub-spettacoli, comparse che si presentano impunemente innanzi ai teleschermi, claques che si sperticano in sorrisi e battimani.
E mentre tutto questo circo fa parte dell’ordinario, fuori lo straordinario viene declassato ad ineluttabile.
Suicidi a raffica di imprenditori, imprese che si trasferiscono all’estero, disoccupazione alle stelle, invasione di immigrati senza passato e senza futuro, rom liberi di saccheggiarci, sporcizia in tutti gli angoli del nostro Paese, strade e piazze ridotte a latrine. Artigiani, commercianti, medici, avvocati, ingegneri etc. (o quel che rimane di loro), per non parlare delle grosse società, che fanno a gara a chi evade di più.
E agli altri tasse, tasse a non finire.
Inutile chiederci poi come quelle tasse vengano utilizzate. Stipendi ed indennità assurde per parlamentari e consiglieri regionali, per i manager e burocrati di Stato e poi ancora vitalizi e pensioni attribuite senza equità.
In Italia è stato messo in piedi un sistema che si autoalimenta.
Il politico serve al sistema ed il sistema serve al politico.
I padri costretti a servire i politici nella speranza/illusione di vedere assegnato un posto ai propri figli, i figli costretti a chinarsi o ad emigrare.
Gli imprenditori che pagano mazzette a go-go per appalti nel settore pubblico non fanno più notizia.Trovarne uno che non paga il “pizzo” (vuoi ai politici o alla mafia) è cosa rara come un ciclista che non si dopa.
Il nostro Paese è malato grave, agonizzante da lungo tempo.
Troppi di noi vivono senza morale, senza senso civico, senza rispetto di alcuno.
Lo scempio è sotto gli occhi di tutti ma, proporzionalmente, in pochi sembrano rendersene conto.
Come uscirne?
Se avessi la formula magica mi chiamerei Merlino ma il mio nome è un ben più modesto Giuseppe.
Ed allora, per quanto mi riguarda, ho cominciato a rimboccarmi le maniche e a smetterla di delegare tutto agli “altri”.
Ho deciso che il futuro mi appartiene e che non intendo più assistere allo scempio innanzi descritto stando comodamente seduto in poltrona o lamentandomi e basta.
Ho deciso di impegnarmi in prima persona, rivedendo alcune cose nei miei comportamenti.
Ho deciso di trasformare la rabbia in energia positiva, l’apatia in empatia, di scambiare notizie ed informazioni con il prossimo, di combattere affinché ci sia speranza per una rinascita delle coscienze, di quante più coscienze possibile.
Ci sono battaglie che non sono di destra o di sinistra, non rivestono colore politico, ma sono ispirate a principi universali ed ogni mia fatica, ogni stilla del mio sudore non sarà sprecata se avrò combattuto per una battaglia giusta: l’Amore per la mia Italia.
Sulla Riva Destra questo Amore lo sento vivo più che mai ed è per questo che ho deciso di schierarmi in prima linea. Una prima linea dove parole come onestà e correttezza non sono vuote di significato ma, al contrario, dense espressioni di comportamenti ed azioni quotidiane.
Se in tanti sapremo convertire la rassegnazione in energia positiva, la speranza sorgerà ogni giorno nel nostro cuore come il sole, illuminando questa nostra attuale buia esistenza.
Giuseppe
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— con Fabio Sabbatani Schiuma e altre 49 persone. www.studiostampa.com