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sabato 5 ottobre 2013

QUANDO LA PAZIENZA PUO' TRASFORMARSI IN RABBIA

“Gli Italiani: popolo di poeti, santi e navigatori”. “Gli Italiani brava gente”.
Ecco due luoghi comuni con i quali spesso in passato ci piaceva “lodarci ed imbrodarci”.
Ma è davanti alle difficoltà che si vede un VERO POPOLO.
E noi abbiamo davanti una montagna di difficoltà, più trascorre il tempo più questa sembra crescere.
E non abbiamo la forza di scalarla, abbiamo persino paura a guardarla e chiniamo la testa come gli struzzi.
Rassegnati e Pavidi.
Un popolo di pavidi senza spina dorsale. Ecco cosa sono diventati gli Italiani oggi.
Ci facciamo intortare dai venditori di parole che si arricchiscono spudoratamente alle nostre spalle, ci facciamo turlupinare con frasi alla “ce lo chiede l’Europa”, ci facciamo licenziare perché le fabbriche chiudono o si trasferiscono all’estero, ci facciamo togliere anni e anni di legittima pensione, ci facciamo invadere da orde di popolazioni straniere che ribaltano la nostra cultura, le nostre usanze, che non rispettano le nostre leggi. Spendiamo cifre enormi per mantenere le varie caste come quelle dei baroni universitari per poi avere come unico risultato quello di fare fuggire all’estero i nostri più meritevoli “cervelli” la cui formazione ci è costata una fortuna.
E tutto questo in nome di cosa ? Del progresso ? O piuttosto del voluto regresso?
Le nostre istituzioni proclamano lutti nazionali per tristi vicende che si verificano in prossimità delle nostre coste, come se tutti gli Italiani dovessero portare il peso di queste disgrazie sulle loro coscienze. Ma le stesse istituzioni fanno finta di non vedere che cosa accade nelle terre di origine di questi migranti.
Le pulizie etniche in Ruanda, i massacri in Sudan, le inaudite violenze in Congo, in Siria.
Il dolore di un popolo deve forse misurarsi con la distanza dell’avvenuta disgrazia?
Per i nostri governanti si.
Se accade a un chilometro dalla coste italiane per fatti direttamente NON imputabili al nostro Paese si dichiara il lutto nazionale, se nei Paesi africani o mediorientali vengono decapitate, torturate, mutilate, stuprate centinaia di migliaia di persone ci si volta dall’altra parte.
Occhio non vede (rectius: fa finta di non vedere) cuore non duole.
IPOCRITI !!!
Siamo governati da autentici ipocriti.
Quegli stessi ipocriti che tramite società di Stato come ad esempio la Oto Melara (facente parte di Finmeccanica) vendono armi a go-go ai governi (spesso in mano a dittatori di fatto) agevolando quelle guerre che poi determinano il fuggi-fuggi delle popolazioni locali e l’arrivo sulle nostre coste.
Basti pensare che nel periodo 2008-2012 l’Italia è stato l’ottavo esportatore mondiale di armi, dopo Stati Uniti, Russia, Germania, Francia, Cina, Gran Bretagna e Spagna, con un esportazione pari al 2 per cento del totale mondiale. E l’Italia esporta ben il 90% delle armi che produce.
Ovviamente i nostri governanti si guardano bene dal diffondere queste notizie, l’importante è farci versare la lacrimuccia quando vediamo in tv i cadaveri degli annegati a Lampedusa.
Vogliono ridurre la nostra capacità critica, il nostro autoconvincimento a spettacoli tipo “C’è posta per te” o “Carramba che sorpresa”.
Ipocriti, venditori di fumo, ladri che approfittano dell’ignoranza delle persone per manipolare a loro piacimento ciò che “è giusto e ciò che non è giusto fare”. Lo vediamo anche con le parole del Papa: utili quando si reca a Lampedusa o quando usa la parola “vergogna”, da non riportare quando difende i matrimoni tradizionali ed i valori della famiglia e della vita.
Siamo in mano a bande di lestofanti che ci rapinano quotidianamente e vorrebbero lasciarci credere che lo fanno nel nostro interesse.
E gli Italiani davanti a tutto quello che ho sopra elencato che fanno ?
NIENTE DI CONCRETO !
Ognuno aspetta l’altro, se non lo fa lui perché lo devo fare io.
Ed i nostri governanti questo lo sanno bene.
E’ questo il processo con cui vengono intorpidite le coscienze, è così che vince la pavidità e la codardìa.
E’ così che un intero popolo si consegna senza combattere al suo crudele destino.

Giuseppe Murè

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