Di tempo ce ne è voluto. Ma ormai l'hanno capito anche loro che non c'è più nulla da fare. Che di rientrare in gioco, nel gioco che conta, non se ne parla. Protagonisti e comprimari della stagione d'oro del centrodestra, in questo periodo si guardano perciò mestamente intorno e cercano di vedere se è ancora possibile acchiappare qualcosa. Magistrature o Authority o qualsiasi altro. Tutto va bene. Se non una poltrona almeno uno sgabello. Uno strapuntino. Dove coltivare l'illusione di contare qualcosa. Perchè è già difficile uscire di scena. Ma ancor più dura è per chi dalla scena viene espulso. L'ha capito bene Guido Crosetto, una sorta di Gargantua cuneese, transitato dalla sponda gaudente e forzista del cavalier Berlusca a quella seriosa e un po' saccente dei fratellini d'Italia. L'ha capito, ha colto l'occasione e ha detto basta. Con umiltà piuttosto ignota a quel mondo, ha spiegato che avrebbe accettato una nuova prospettiva di lavoro, un incarico manageriale in Finmeccanica, dando addio a un ambiente che (è il sottinteso che tutti hanno bene inteso) lo aveva profondamente deluso. Chapeau, un gigante. Altri invece aspettano. Sperano. In un ripescaggio o in una opportunità. Come Ignazio La Russa, altro fratellino d'Italia, altro interprete della stagione che fu: le ha provate tutte, dicono, smaniando come un pesce fuor d'acqua per convincere Berlusconi e gli altri a farsi indicare come giudice costituzionale. Approdo agognato e dorato. Ma il cavaliere, costretto a dire di no anche a Ghedini e alle prese con i mal di pancia di Fitto e di tanti altri, non ha voluto sentirci. Cosicchè le pasticche di maalox in questi giorni sono andate giù come caramelle.
S'è rivisto anche Fini. Qualche presenza a favore di telecamera e l'incontro di sabato a Mirabello. Forse per provare l'ebrezza di arringare ancora una volta la folla plaudente. Solo che stavolta erano un paio di centinaia, curiosi compresi. È chiaro che non ce la fa più a fare il pensionato anche se si finge contento di esserlo. Risultato scarno, se non addirittura penoso. Relegato dalla grande piazza dove solo tre anni fa lanciò la sfida a Berlusconi alla cascina privata di un agricoltore a lui devoto, quello che fu il leader della Destra italiana ha così trovato il modo di spiegare che le colpe le ha commesse "anche" lui e che però adesso è il tempo di dire basta con gli "scazzi" fratricidi. Dimostrando ancora una volta di non aver capito la lezione. Perché un capo che dice che le colpe del disastro sono "anche" sue semplicemente abdica. Perché mostra di non avere il coraggio della verità.
Fabio Sabbatani Schiuma, Segretario Nazionale del Movimento Riva Destra.
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