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sabato 21 febbraio 2015

Italiano muore combattendo per l’Isis

Ucciso in Siria da una donna-cecchino curda. Su internet le condoglianze del Califfato
La morte risalirebbe al 3 febbraio scorso e ad ucciderlo sarebbe stata una donna combattente curda. È giallo sulla sorte di un presunto «foreign fighter» italiano arruolato tra le fila dell’Isis e ucciso ad inizio mese a Kobane, in Siria. La notizia è circolata sui social network ad opera di appartenenti allo Stato islamico.
L’uomo, sempre secondo i terroristi, sarebbe un italiano di origini francesi proveniente da Venezia. Abo'u Izat al-Islam, questo il nome scelto dal combattente per l’arruolamento tra i miliziani del Califfato, avvenuto circa due mesi prima che fosse ucciso. La notizia della morte, inoltre, è stata data anche sui profili Twitter di alcuni peshmerga. Tra i terroristi islamici, invece, qualcuno commenta amaro: «Hanno ucciso il fratello italiano Abo'u Izat al-Islam, ucciso da un cecchino curdo. È finita la pasta al dente». Il presunto combattente italiano, di cui viene anche postata in Rete una foto che lo ritrae sorridente e armato di khalashnikov, al momento non comparirebbe nella lista dei foreign fighters partiti dall’Italia.
Intanto il Libia la situazione si è aggravata. Ieri militanti dello Stato islamico hanno rivendicato gli attacchi con autobombe avvenuti nella città di Qubbah, in cui hanno perso la vita quaranta persone e altre settanta sono rimaste ferite. Nella rivendicazione, fatta su social media e firmata dallo «Stato islamico provincia di Cirenaica», i militanti spiegano che è la «vendetta per lo spargimento del sangue di musulmani nella città di Derna». Il riferimento è ai raid aerei lanciati lunedì dalle forze aeree egiziane. Un secondo attentato all’oleodotto di Sarir, nel sud della Libia, sarebbe invece stato sventato dalle guardie preposte alla sicurezza degli impianti petroliferi che hanno individuato un ordigno a sei chilometri di distanza dal sito. Proprio il petrolio sarebbe al centro degli interessi dell’Isis. Secondo l’incaricato d’affari libico a Roma Azzedin al-Awami i jihadisti, come accaduto già in Siria e Iraq, stanno tentando di «mettere le mani» sui pozzi di petrolio della Libia per finanziare le loro attività terroristiche. «Per questo il governo (di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, ndr) - ha aggiunto - chiede alla comunità internazionale di revocare l’embargo sulla vendita di armi alla Libia in modo da permettere al governo di difendere i campi petroliferi e sconfiggere il terrorismo». Finora, nelle mani dell’Isis non ci sarebero pozzi petroliferi, ma soltanto il porto di al-Zawiya. Mentre tutti i pozzi dell’ovest del paese, ovvero dai campi di Ras al-Lanuf fino al confine con l’Egitto, sono sotto il controllo del governo con sede a Tobruk. Per quanto riguarda la nascita a breve di un governo di unità nazionale, l’incaricato d’affari libico a Roma sostiene che ci sono «meno del 50% di possibilità». «Noi del governo di Tobruk vorremmo veramente la conciliazione nazionale in Libia, ma per fare questo c'è bisogno di un lungo periodo», ha affermato al-Awami, aggiungendo che il dialogo tra le fazioni ha davanti a sé ancora «un lungo percorso». Sulla situazione di Sirte al-Awami ha confermato che «è sotto il Califfato», mentre ha smentito le notizie circolate su un intervento delle milizie di Misurata. A questo punto, secondo Clint Eastwood , «forse era meglio tenersi Saddam Hussein e Muammar Gheddafi». Per il regista americano di «American sniper», in un'intervista al magazine tedesco Focus, «continuiamo a cercare di insegnare la democrazia alle altre culture, ma in alcuni casi serve un dittatore perchè le cose funzionino». 

Francesca Musacchio - IL TEMPO

www.studiostampa.com

sabato 17 gennaio 2015

IL PUGNO DEL PAPA? A ME NON E' PIACIUTO AFFATTO.

Oggi c'è un gran da fare su giornali, TV e Social Network a parlare di quanto detto dal Pontefice: "...è vero che non si può reagire violentemente, ma se un mio grande amico dice una parolaccia contro mia mamma gli 'aspetta' un pugno. Ma è normale..."(*). 
Ora c'è chi esulta per un Papa umanizzato, chi lo rimprovera di non rispettare il dettato di Cristo e chi ha interpretato il tutto come un'offesa ai morti di Parigi o come una difesa della religione e basta. Insomma, tante e varie interpretazioni. 
Anch'io voglio dire la mia, senza peli sulla lingua, ma con la premessa inequivocabile di essere un nostalgico di Papa Ratzinger. 
Mi erano molto piaciute le precedenti parole di Bergoglio dopo i recenti fatti di cronaca. "in nome di Dio non si uccide, ma non si offende la fede degli altri", aveva sentenziato.
Erano perfette, in perfetta linea con il suo ruolo di Vicario di Cristo, sia contro i terroristi islamici, ma anche contro chi santificava gli autori di una blasfema, dissacrante e offensiva satira. 
Ora è arrivato questo cazzotto, peraltro ben mimato anche dallo stesso. 
Tutto da rifare. A me non è piaciuto affatto e solo per un motivo. 
Lo ricordo bene il Sommo Pontefice, invitarci a spalancare le porte ai clandestini. Ricordo bene i fatti di Lampedusa. L'ho criticato fortemente e mi sono sentito dire, "ma il Papa questo deve dire, parlare in difesa dei deboli, sempre, e di solidarietà cristiana". Il tutto mentre i morti in mare di conseguenza poi aumentavano.
Ammonì dall'isola siciliana, chiaramente: "anche Gesù fu un profugo, è un dovere accogliere i migranti". 
Ma non era quello stresso Cristo che però predicava anche di "porgere l'altra guancia". 
Come la mettiamo? Cristo e le sue parole vanno sempre seguite o solo a corrente alternata?
Quindi faccio bene se uno zingaro offende mia madre, perchè non ha voluto dargli dei soldi, a pistarlo di botte. 
Me lo ha detto il Papa.
P.S. 
Me lo pagherà Lui l'avvocato poi? 
di Fabio Sabbatani Schiuma
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