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domenica 15 maggio 2016
Trapani:Giornale di Sicilia !
martedì 3 marzo 2015
Solidarietà a Marcello Veneziani, via da Il Giornale contro la “pascalizzazione” di Berlusconi
Il messaggio di saluto di Marcello Veneziani
Cari Lettori,
ora vi spiego. Siete in tanti a scrivermi e telefonarmi per sapere come mai non appare più il cucù sul Giornale. Non posso andar via come un clandestino. Il Giornale mi ha comunicato la decisione di chiudere il mio rapporto di lavoro. Subito o al più entro l’estate. La decisione dell’Editore è presa e finirà in modo consensuale. La motivazione formale è lo stato di crisi dei giornali e del Giornale stesso che impone tagli e prepensionamenti.
Al Giornale, si sa, esprimevo una linea dissonante, la mia rubrica era un’isola. Cominciai a scrivere sul Giornale venticinque anni fa, chiamato da Indro Montanelli, ne uscì quando mi parve che la sua posizione non rappresentasse più i suoi lettori e la necessità di una svolta nel Paese; vi ritornai con Feltri per due volte. Lascio a ciascuno pensare al risvolto politico, giornalistico, ma anche umano e professionale, della vicenda in corso; vi risparmio il mio stato d’animo. Chi ha idee come le nostre non è facile che trovi tribune accoglienti. Tengo a farvi conoscere lo stato delle cose, senza polemiche, anche per rispondere a quanti in precedenza mi chiedevano come mai la rubrica quotidiana saltava così spesso negli ultimi tempi, non per mia negligenza. Ho un ruolo pubblico, rappresentativo di un’area d’opinione, la mia attività è esposta in vetrina ogni giorno. Dunque è giusto essere trasparenti fino alla fine e giustificare a voi lettori, che siete i miei veri editori, la futura assenza e la scomparsa della rubrica cucù, dopo quattro anni di vita.
Ho già vissuto situazioni analoghe, alcuni ricordano precedenti esperienze, censure, licenziamenti, casi come l’Italia settimanale ma non solo. E’ il prezzo amaro della libertà e dell’incapacità di essere cortigiani, ruffiani e puttani. Non è un mistero che da tempo reputo conclusa la parabola politica di Berlusconi: da anni non esprime una posizione politica e non interpreta il sentire del suo popolo, perché è preso nelle proprie vicende e nella tutela, pur comprensibile, dei suoi interessi. Lo scrivo da tempo, in un crescendo di toni, da La rivoluzione conservatrice in Italia, ed. 2012 (“la fine del berlusconismo”), poi sul Giornale stesso e giorni fa sul Corriere della sera. Criticai pure la “pascalizzazione” di Berlusconi, i messaggi sulla famiglia, i trans, l’animalismo.
Non ebbi esitazioni a criticare Fini quando era ancora in auge, perché ritenevo che stesse uccidendo la destra, e il tempo poi ci dette amaramente ragione. Per lo stesso motivo non ho esitato a dire che Berlusconi fu la causa principale del trionfo elettorale e poi della dissoluzione del centro-destra. Lo portò al governo e poi alla rovina, col concorso determinante di poteri ostili e alleati ottusi, giudici e media; aggregò forze diverse e poi le disgregò. Espulse pezzi uno dopo l’altro, fino al vuoto, farcito di quaquaraquà. Le mie idee saranno giuste o sbagliate, lo dirà la prova dei fatti, ma quei giudizi nascono da un ragionamento, privo di rancori o vantaggi personali, mosso da passione di verità e da una testimonianza di vita e di coerenza, costi quel che costi. Cercherò di non chiudere il rapporto con voi che mi seguite da tempo e siete abituati al gusto aspro della libera verità, anche quando è scomoda, per noi stessi o per chi abbiamo, in spirito di libertà, sostenuto. Finché ne avrò la possibilità, scriverò dove mi sarà permesso dire quel che penso, e non mancherò di far sentire la mia voce e anche i miei pensieri dell’anima, quelli meno legati all’attualità.
Vi voglio bene, sul serio
Marcello Veneziani
Fonte: IntelligoNews - Dir. Fabio Torriero
www.studiostampa.com
Cari Lettori,
ora vi spiego. Siete in tanti a scrivermi e telefonarmi per sapere come mai non appare più il cucù sul Giornale. Non posso andar via come un clandestino. Il Giornale mi ha comunicato la decisione di chiudere il mio rapporto di lavoro. Subito o al più entro l’estate. La decisione dell’Editore è presa e finirà in modo consensuale. La motivazione formale è lo stato di crisi dei giornali e del Giornale stesso che impone tagli e prepensionamenti.
Al Giornale, si sa, esprimevo una linea dissonante, la mia rubrica era un’isola. Cominciai a scrivere sul Giornale venticinque anni fa, chiamato da Indro Montanelli, ne uscì quando mi parve che la sua posizione non rappresentasse più i suoi lettori e la necessità di una svolta nel Paese; vi ritornai con Feltri per due volte. Lascio a ciascuno pensare al risvolto politico, giornalistico, ma anche umano e professionale, della vicenda in corso; vi risparmio il mio stato d’animo. Chi ha idee come le nostre non è facile che trovi tribune accoglienti. Tengo a farvi conoscere lo stato delle cose, senza polemiche, anche per rispondere a quanti in precedenza mi chiedevano come mai la rubrica quotidiana saltava così spesso negli ultimi tempi, non per mia negligenza. Ho un ruolo pubblico, rappresentativo di un’area d’opinione, la mia attività è esposta in vetrina ogni giorno. Dunque è giusto essere trasparenti fino alla fine e giustificare a voi lettori, che siete i miei veri editori, la futura assenza e la scomparsa della rubrica cucù, dopo quattro anni di vita.
Ho già vissuto situazioni analoghe, alcuni ricordano precedenti esperienze, censure, licenziamenti, casi come l’Italia settimanale ma non solo. E’ il prezzo amaro della libertà e dell’incapacità di essere cortigiani, ruffiani e puttani. Non è un mistero che da tempo reputo conclusa la parabola politica di Berlusconi: da anni non esprime una posizione politica e non interpreta il sentire del suo popolo, perché è preso nelle proprie vicende e nella tutela, pur comprensibile, dei suoi interessi. Lo scrivo da tempo, in un crescendo di toni, da La rivoluzione conservatrice in Italia, ed. 2012 (“la fine del berlusconismo”), poi sul Giornale stesso e giorni fa sul Corriere della sera. Criticai pure la “pascalizzazione” di Berlusconi, i messaggi sulla famiglia, i trans, l’animalismo.
Non ebbi esitazioni a criticare Fini quando era ancora in auge, perché ritenevo che stesse uccidendo la destra, e il tempo poi ci dette amaramente ragione. Per lo stesso motivo non ho esitato a dire che Berlusconi fu la causa principale del trionfo elettorale e poi della dissoluzione del centro-destra. Lo portò al governo e poi alla rovina, col concorso determinante di poteri ostili e alleati ottusi, giudici e media; aggregò forze diverse e poi le disgregò. Espulse pezzi uno dopo l’altro, fino al vuoto, farcito di quaquaraquà. Le mie idee saranno giuste o sbagliate, lo dirà la prova dei fatti, ma quei giudizi nascono da un ragionamento, privo di rancori o vantaggi personali, mosso da passione di verità e da una testimonianza di vita e di coerenza, costi quel che costi. Cercherò di non chiudere il rapporto con voi che mi seguite da tempo e siete abituati al gusto aspro della libera verità, anche quando è scomoda, per noi stessi o per chi abbiamo, in spirito di libertà, sostenuto. Finché ne avrò la possibilità, scriverò dove mi sarà permesso dire quel che penso, e non mancherò di far sentire la mia voce e anche i miei pensieri dell’anima, quelli meno legati all’attualità.
Vi voglio bene, sul serio
Marcello Veneziani
Fonte: IntelligoNews - Dir. Fabio Torriero
www.studiostampa.com
lunedì 2 marzo 2015
Veneziani: Salvini è la ciambella di salvataggio del centrodestra.
venerdì 9 agosto 2013
Da Almirante a Craxi chi tocca la sinistra muore
di Marcello Veneziani - Fonte IL GIORNALE
Vorrei conoscere la segreta legge in base alla quale chi si oppone alla sinistra è sempre un delinquente. Cito tre esempi principali, diversi per stile ed epoca, più altri casi paralleli. Quarant'anni fa il delinquente si chiamava Giorgio Almirante. Aveva ottenuto un gran successo elettorale, riempiva le piazze, spopolava in tv. Perciò si decise che era un criminale, e dunque andava messo fuori legge col suo partito. Badate bene, il Msi in quella fase era meno fascista di prima, era in doppiopetto, era diventato destra nazionale, apriva a liberali e monarchici, aveva perfino (...)
(...) partigiani. Ma allora risorse il fronte antifascista. La stessa criminalizzazione era avvenuta nel '60 quando l'Msi aveva svoltato in senso moderato, appoggiando un governo centrista, presto rovesciato da un'insurrezione violenta di piazza. L'antifascismo veniva sfoderato non quando si sentiva odore di fasci ma quando si sentiva odore di voti e di governo. Su Almirante piovvero stragi e accuse tremende, si creò un cordone sanitario per isolare la destra, la sua stampa e le sue idee, si favorì una scissione. La persecuzione finì quando il Msi tornò piccolo e innocuo. Le accuse di fascismo non risparmiarono neanche due combattenti antifascisti come Sogno e Pacciardi che erano però militanti anticomunisti. La campagna infame si accanì col Quirinale: Leone, eletto con i voti del Msi e senza quelli del Pci, fu massacrato e costretto a dimettersi, con accuse poi rivelatesi infondate.
Vent'anni fa il delinquente si chiamava Bettino Craxi, e la sua associazione a delinquere era non solo il Psi, ma il Caf, che comprendeva Andreotti e Fanfani vituperato anticomunista (poi sostituito da Forlani). Craxi aveva inchiodato il Pci all'opposizione, aveva conquistato la centralità del sistema politico, voleva modernizzare lo Stato. Eliminato. Parallelamente Cossiga, da quando si emancipò dall'intesa consociativa che lo aveva eletto al Quirinale e cominciò a esternare contro i partiti, fu linciato, minacciato di impeachment, accusato di stragi e delitti. Fino a che Cossiga depose ogni progetto gollista e si limitò a esercitare l'arte del paradosso. Andreotti è un caso contorto ma anche lui diventò un delinquente solo quando smise di presiedere i governi consociativi.
Ora il delinquente si chiama Berlusconi, dopo un ventennio di caccia all'uomo.
Vi risparmio di farvi la storia del berluschicidio, vi esce ormai dalle orecchie. Dirò solo che rispetto agli altri lui ha l'aggravante tripla di essere ricco, di non essere un politico e di avere un grande elettorato. Con lui ci sono altri casi annessi (anche extrapolitici, come Bertolaso e don Verzè). Esempio? Il modello Lombardia di Formigoni&Cl, un sistema di potere analogo a quello delle coop rosse in Emilia, con le stesse ombre, ma con risultati di eccellenza in termini di amministrazione. Massacrato mentre le coop rosse furono risparmiate. Per la sanità la Lombardia fu indagata di pari passo con la Puglia di Vendola, ma con una differenza: la prima funzionava bene, la seconda no. Risultato: la prima fu sfasciata a norma di legge, la seconda no. Anche lì l'aggravante era il largo consenso recidivo a Formigoni.
Cos'hanno in comune i casi citati? Erano antagonisti della sinistra. E poi un'altra peculiarità: da Almirante a Pacciardi e Sogno, da Fanfani a Cossiga, a Craxi e a Berlusconi, volevano una repubblica presidenziale, bestia nera del Partito-Principe. Il mistero resta: come mai tutti coloro che si oppongono alla sinistra sono delinquenti, chi per eversione, chi per golpismo, chi per malaffare? C'è una spiegazione logica, scientifica a questa curiosa coincidenza? Cosa c'era di vero nelle accuse? Almirante era fascista, è vero, ed è pure vero che alcuni neofascisti erano violenti; ma Almirante e il suo partito non c'entravano nulla con stragi, assassini e violenze, di cui furono più vittime che artefici. Craxi navigò alla grande nel sistema delle tangenti, è vero, usò modi illeciti per finanziare la politica, ma la tangente fu inventata storicamente dalla sinistra dc parastatale e i finanziamenti illeciti, prima di Craxi riguardò la Dc, il Psi antecraxi, gli alleati, più i soldi che arrivavano da Mosca al Pci e le tangenti sull'import-export con l'est. Anche Berlusconi non è uno stinco di santo, ma se qualunque grande azienda italiana o qualunque grande partito italiano fosse setacciato, intercettato e perquisito con la stessa meticolosità, avrebbero trovato reati analoghi, anzi delitti peggiori e pure arricchimenti illeciti a spese del denaro pubblico. Appena si è scoperchiato l'affare Monte dei Paschi vedete cosa ne è venuto fuori, suicidi inclusi. Se avessero poi applicato il criterio usato per Berlusconi - il capo è colpevole degli illeciti compiuti nel suo regno - avremmo avuto in galera i due terzi del capitalismo nostrano e della partitocrazia.
A questo punto la conclusione è netta: o avete il coraggio di teorizzare l'iniquità razziale di chiunque si opponga alla sinistra, e dunque il nesso etico e genetico tra antisinistra e criminalità, o c'è qualcosa di turpe nella sistematica criminalizzazione del nemico. Certo, non tutti i giudici che si sono occupati di Berlusconi e dei casi precedenti erano di parte. Alcuni decisamente sì, erano di parte; altri invece erano solo nella parte, ovvero accettate quelle premesse non puoi che avere quelle conseguenze; si crea un meccanismo a cascata, una coazione a ripetere e a non contraddire le sentenze dei colleghi di casta.
Il punto era ridiscutere i presupposti dell'indagine, a partire dall'accanimento selettivo; e poi, a valle, porsi il problema della responsabilità, cioè considerare le conseguenze per l'Italia. I giudici non sono una vil razza dannata, sono nella media degli italiani: l'unica differenza è che solo loro dispongono di un potere assoluto, inconfutabile, irresponsabile. Che non risponde di sé né dei danni pubblici che arreca. La serra in cui fioriscono le sentenze è una Cupola editoriale-giudiziaria-finanziaria, benedetta da alcuni poteri transnazionali. Un allineamento di fatto, non un complotto premeditato; non è una congiura ma una congiuntura. La sinistra politica ne è solo il terminale periferico.
Non sono affatto innocentista, ma l'esperienza mi conduce a una conclusione: ogni potere ha la sua fogna, in forme e misure diverse; ma alcune vengono portate alla luce e altre no.
Usciamo in fretta dalla seconda repubblica: non quella nata nel '94, ma quella abortita dal '68.
www.studiostampa.com
Vorrei conoscere la segreta legge in base alla quale chi si oppone alla sinistra è sempre un delinquente. Cito tre esempi principali, diversi per stile ed epoca, più altri casi paralleli. Quarant'anni fa il delinquente si chiamava Giorgio Almirante. Aveva ottenuto un gran successo elettorale, riempiva le piazze, spopolava in tv. Perciò si decise che era un criminale, e dunque andava messo fuori legge col suo partito. Badate bene, il Msi in quella fase era meno fascista di prima, era in doppiopetto, era diventato destra nazionale, apriva a liberali e monarchici, aveva perfino (...)
(...) partigiani. Ma allora risorse il fronte antifascista. La stessa criminalizzazione era avvenuta nel '60 quando l'Msi aveva svoltato in senso moderato, appoggiando un governo centrista, presto rovesciato da un'insurrezione violenta di piazza. L'antifascismo veniva sfoderato non quando si sentiva odore di fasci ma quando si sentiva odore di voti e di governo. Su Almirante piovvero stragi e accuse tremende, si creò un cordone sanitario per isolare la destra, la sua stampa e le sue idee, si favorì una scissione. La persecuzione finì quando il Msi tornò piccolo e innocuo. Le accuse di fascismo non risparmiarono neanche due combattenti antifascisti come Sogno e Pacciardi che erano però militanti anticomunisti. La campagna infame si accanì col Quirinale: Leone, eletto con i voti del Msi e senza quelli del Pci, fu massacrato e costretto a dimettersi, con accuse poi rivelatesi infondate.
Vent'anni fa il delinquente si chiamava Bettino Craxi, e la sua associazione a delinquere era non solo il Psi, ma il Caf, che comprendeva Andreotti e Fanfani vituperato anticomunista (poi sostituito da Forlani). Craxi aveva inchiodato il Pci all'opposizione, aveva conquistato la centralità del sistema politico, voleva modernizzare lo Stato. Eliminato. Parallelamente Cossiga, da quando si emancipò dall'intesa consociativa che lo aveva eletto al Quirinale e cominciò a esternare contro i partiti, fu linciato, minacciato di impeachment, accusato di stragi e delitti. Fino a che Cossiga depose ogni progetto gollista e si limitò a esercitare l'arte del paradosso. Andreotti è un caso contorto ma anche lui diventò un delinquente solo quando smise di presiedere i governi consociativi.
Ora il delinquente si chiama Berlusconi, dopo un ventennio di caccia all'uomo.
Vi risparmio di farvi la storia del berluschicidio, vi esce ormai dalle orecchie. Dirò solo che rispetto agli altri lui ha l'aggravante tripla di essere ricco, di non essere un politico e di avere un grande elettorato. Con lui ci sono altri casi annessi (anche extrapolitici, come Bertolaso e don Verzè). Esempio? Il modello Lombardia di Formigoni&Cl, un sistema di potere analogo a quello delle coop rosse in Emilia, con le stesse ombre, ma con risultati di eccellenza in termini di amministrazione. Massacrato mentre le coop rosse furono risparmiate. Per la sanità la Lombardia fu indagata di pari passo con la Puglia di Vendola, ma con una differenza: la prima funzionava bene, la seconda no. Risultato: la prima fu sfasciata a norma di legge, la seconda no. Anche lì l'aggravante era il largo consenso recidivo a Formigoni.
Cos'hanno in comune i casi citati? Erano antagonisti della sinistra. E poi un'altra peculiarità: da Almirante a Pacciardi e Sogno, da Fanfani a Cossiga, a Craxi e a Berlusconi, volevano una repubblica presidenziale, bestia nera del Partito-Principe. Il mistero resta: come mai tutti coloro che si oppongono alla sinistra sono delinquenti, chi per eversione, chi per golpismo, chi per malaffare? C'è una spiegazione logica, scientifica a questa curiosa coincidenza? Cosa c'era di vero nelle accuse? Almirante era fascista, è vero, ed è pure vero che alcuni neofascisti erano violenti; ma Almirante e il suo partito non c'entravano nulla con stragi, assassini e violenze, di cui furono più vittime che artefici. Craxi navigò alla grande nel sistema delle tangenti, è vero, usò modi illeciti per finanziare la politica, ma la tangente fu inventata storicamente dalla sinistra dc parastatale e i finanziamenti illeciti, prima di Craxi riguardò la Dc, il Psi antecraxi, gli alleati, più i soldi che arrivavano da Mosca al Pci e le tangenti sull'import-export con l'est. Anche Berlusconi non è uno stinco di santo, ma se qualunque grande azienda italiana o qualunque grande partito italiano fosse setacciato, intercettato e perquisito con la stessa meticolosità, avrebbero trovato reati analoghi, anzi delitti peggiori e pure arricchimenti illeciti a spese del denaro pubblico. Appena si è scoperchiato l'affare Monte dei Paschi vedete cosa ne è venuto fuori, suicidi inclusi. Se avessero poi applicato il criterio usato per Berlusconi - il capo è colpevole degli illeciti compiuti nel suo regno - avremmo avuto in galera i due terzi del capitalismo nostrano e della partitocrazia.
A questo punto la conclusione è netta: o avete il coraggio di teorizzare l'iniquità razziale di chiunque si opponga alla sinistra, e dunque il nesso etico e genetico tra antisinistra e criminalità, o c'è qualcosa di turpe nella sistematica criminalizzazione del nemico. Certo, non tutti i giudici che si sono occupati di Berlusconi e dei casi precedenti erano di parte. Alcuni decisamente sì, erano di parte; altri invece erano solo nella parte, ovvero accettate quelle premesse non puoi che avere quelle conseguenze; si crea un meccanismo a cascata, una coazione a ripetere e a non contraddire le sentenze dei colleghi di casta.
Il punto era ridiscutere i presupposti dell'indagine, a partire dall'accanimento selettivo; e poi, a valle, porsi il problema della responsabilità, cioè considerare le conseguenze per l'Italia. I giudici non sono una vil razza dannata, sono nella media degli italiani: l'unica differenza è che solo loro dispongono di un potere assoluto, inconfutabile, irresponsabile. Che non risponde di sé né dei danni pubblici che arreca. La serra in cui fioriscono le sentenze è una Cupola editoriale-giudiziaria-finanziaria, benedetta da alcuni poteri transnazionali. Un allineamento di fatto, non un complotto premeditato; non è una congiura ma una congiuntura. La sinistra politica ne è solo il terminale periferico.
Non sono affatto innocentista, ma l'esperienza mi conduce a una conclusione: ogni potere ha la sua fogna, in forme e misure diverse; ma alcune vengono portate alla luce e altre no.
Usciamo in fretta dalla seconda repubblica: non quella nata nel '94, ma quella abortita dal '68.
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