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mercoledì 25 novembre 2020

Giornata contro la violenza sulle donne, dalla pizza alla frase in codice in farmacia: come chiedere aiuto.

Il 25 novembre in tutto il mondo si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne. Ecco cosa fare in caso di emergenza per chiedere aiuto immediato.

Cosa fare in caso di emergenza

Cosa si può fare? Assolutamente denunciare, sempre. Senza esitazioni. Come? Le donne che sono vittime di violenza e hanno bisogno di aiuto immediato possono rivolgersi ai numeri di emergenza 112 e 1522.

Quest’ultimo è il numero del servizio pubblico promosso dalla Presidenza del consiglio - Dipartimento per le pari opportunità contro la violenza e lo stalking, che offre anche la possibilità di chat per chi non potesse parlare. I numeri sono completamente gratuiti.

In alternativa, si possono contattare i centri antiviolenza, come quelli della rete Di.Re e di Differenza donna: quest’ultima offre anche sostegno legale.

In questo periodo la Polizia ha esteso YouPol, l’app realizzata per segnalare episodi di spaccio e bullismo, anche ai reati di violenza domestica.

“Mascherina 1522” in farmacia

Inoltre, è possibile recarsi in una qualunque farmacia e pronunciare questa frase: “Voglio una mascherina 1522”. Basterà riferirla al farmacista per denunciare una violenza domestica.

L’iniziativa nasce da un accordo tra i centri antiviolenza e la Federazione farmacisti. Dopo aver pronunciato la frase in codice, il farmacista fornirà alla donna vittima di violenza tutte le informazioni utili e si attiverà per fornirle aiuto.

“Call4Margherita” con ActionAid

Se non potete parlare liberamente, perché il vostro “lui” è lì con voi ad esempio, potete chiamare i numeri di emergenza e chiedere una “pizza”.

Margherita è il nome simbolico che ActionAid ha deciso di dare a quella donna che lo scorso agosto, per salvarsi dal compagno violento, ha chiamato la Polizia fingendo di ordinare una pizza. Ma è anche il nome della pizza che, oggi, diventa con la campagna “Call4Margherita” un simbolo di protesta per chiedere migliori strumenti di contrasto. 

SU QUI FINANZA L'ARTICOLO COMPLETO.

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giovedì 24 ottobre 2019

Tutta Riva Destra vicina a Giorgia Meloni !

Da Patrizia Passerini Responsabile della Sezione Donne di Riva Destra: 
Le Donne di Riva Destra esprimono solidarietà e vicinanza a Giorgia Meloni, dopo il vergognoso articolo di Repubblica.
Riflessione della nostra Alessandra Vicinanza: 
"A mio parere questo non è giornalismo, e neanche si può considerare una libera opinione, perché l’opinione in quanto tale esprime in “Buona Fede”, una versione personale o collettiva di quella che si ritiene una verità possibile.
Qui non leggo nessuna buona fede, e l’autore non esprime neanche una visione collettiva sull'immagine della Meloni, visto che lui stesso ad un certo punto la definisce la più amata dagli italiani...
Detto ciò siamo davanti ad un volgare articolo diffamatorio, pubblicato da una mente invasa dall'odio e dall'arroganza, dove ogni lume della ragione ormai è andato perso lasciando il posto alla follia più totale". 

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mercoledì 18 febbraio 2015

ECCO LA VITA DELLE DONNE SOTTO L'ISIS

Il noto quotidiano britannico The Guardian ha condotto un’inchiesta, pubblicata oggi, riguardante le rigide regole che gli estremisti islamici dell’Isis impongono alle donne residenti nelle regioni conquistate.
A parlare sono state alcune donne residenti a Mosul, Raqqa e Dier el-Zour, che attraverso telefoni privati e Skype hanno raccontato di come fossero, ad esempio, costrette ad uscire solo in compagnia di un guardiano, chiamato mahram, e ad indossare pesanti veli a doppio strato per tenere coperto praticamente tutto il corpo.
Una di queste testimoni, la 20enne Sama Maher, ha dichiarato di essere stata più volte incarcerata dalla polizia religiosa per aver contravvenuto a queste rigide norme. La giovane ha infatti dichiarato “E’ impossibile per una donna di Raqqa o di Deir el-Zour andare da qualsiasi parte senza il controllo di un mahram. Ho dovuto interrompere i miei studi ad Aleppo-ha continuato la ragazza-perché non mi è più permesso attraversare i checkpoint senza un mahram, ed uscire dalla città come facevo un tempo”. L’Isis ha infatti, tra le altre cose, provveduto a far chiudere tutte le sedi universitarie nelle aree sotto il suo controllo. Anche gli stessi guardiani maschi sono sottoposti a severe punizioni, nel caso in cui la donna affidata loro si permetta di provare ad eludere anche solo una di queste regole.
“Obbligano le donne di tutte le età a mettere il velo, sebbene la maggior parte delle donne di Mosul indossi lo hijab. L’Hisbah colpisce le donne in testa con un bastone, quando le sorprende senza velo” ha invece confessato Maha Saleh, pediatra di 36 anni. A Raqqa, capitale dell’Isis in Siria, le donne vengono obbligate ad indossare l’abaya (un lungo camice nero che copre tutto il corpo, esclusi piedi e mani), con tanto di velo per coprire il volto, ed in seguito persino un velo per coprire gli occhi.
C’è anche una testimonianza maschile tra le varie voci femminili, ed è quella di Sabah Nadem, cittadino di Mosul, che racconta un tragicomico aneddoto riguardante un normale atto di routine: fare la spesa al supermercato. “Una volta sono andato in un suq (una sorta di grande mercato, nda) con mia moglie, ma dopo un po’ l’ho persa in mezzo alla folla. Il problema è che tutte le donne erano coperte da capo a piedi, e non capivo quale fosse mia moglie. Ero spaventato, temevo di poter tornare a casa con la donna sbagliata. Sarebbe stato un disastro finire in mano all’Hisbah. Non potevo nemmeno utilizzare il cellulare, perché non c’era campo”. Alla fine Nadem ha dichiarato di essere riuscito a trovare sua moglie, a dopo averla chiamata per lungo tempo a gran voce in mezzo al resto della folla.
Persino nelle scuole e negli ospedali vigono queste imprescindibili norme, e sono le donne sopra i 45 anni sono esentate dall’obbligo di indossare il velo per coprire interamente il viso. Anche negli autobus vengono effettuate ispezioni ad opera degli uomini dell’Isis, che controllano caso per caso che le donne indossino ogni singolo capo d’abbigliamento previsto dal fanatico codice, e che siano accompagnate da un mahram. E di recente, a Mosul, l’Isis ha ordinato la chiusura di tutti i saloni di parrucchiere. Drammatica la storia di Samah Nasir, 43 anni, che ha deciso di riaprire il salone nonostante il divieto, perché ormai lei-parrucchiera di professione da 9 anni-non aveva altro modo per dare da mangiare ai propri figli, e pagare le cure mediche per il marito malato.
In seguito a questo fatto, l’Hisbah si presentò a casa sua, portando suo marito davanti alla corte della sharia. Quindi dichiarò che la donna, come pena per aver sfidato le leggi imposte dai terroristi, avrebbe dovuto pagare l’equivalente di 1.500 dollari, e ricevere 10 frustate ai piedi. “Non mi sono mai trovata in una simile situazione” ha confessato Samah agli inviati del The Guardian, aggiungendo poi che ora vive nel terrore, ed esce di casa solo quando strettamente necessario.
Un crudo spaccato che racconta quanto possa essere spaventosa e terrorizzante la vita sotto una dittatura religiosa. 

Fabio Sabbatani Schiuma

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martedì 3 settembre 2013

Delitto d'Onore, Uguaglianza e Femminicidio !




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venerdì 1 febbraio 2013

DISABILI, SCHIUMA-SIBAUD: ATAC E CAMPIDOGLIO NON GIOCHINO SULLA LORO PELLE

(OMNIROMA) Roma, 01 FEB - "Il Campidoglio e l'Atac continuano a giocare sulla pelle dei disabili e degli autisti che hanno effettuato il servizio trasporto e che ora rischiano anche il posto di lavoro".
Lo dichiarano, in una nota congiunta, Roberta Sibaud, vice presidente dell'associazione 'Donne per la Sicurezza onlus' e il consigliere capitolino Fabio Sabbatani Schiuma, presidente del gruppo 'Trifoglio - Popolo della vita'. "La morale è - continua la nota - che il servizio è interrotto e non si capisce bene quando e per quanto tempo riprenderà mentre nel frattempo si prepara una gara e che l'Assemblea capitolina aveva approvato, all'unanimità con eccezione del mio voto contrario, di riaffidare all'Atac il servizio stesso; ora l'Atac avrebbe comunicato che non è in grado di effettuare il servizio e la precedente impresa scarica gli autisti impiegati, nonostante abbia preso altri appalti.
Vorremmo - conclude la nota - capire chi possa garantire il servizio che, ricordiamolo, serve dei cittadini svantaggiati ed è un servizio pubblico e se gli autisti che hanno svolto correttamente il servizio possano essere ricollocati nel medesimo senza essere buttati in mezzo alla strada".
red 011527 FEB 13
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