Aggiornamenti e News

giovedì 19 luglio 2018

19 luglio - ANNIVERSARIO DI UN EROE NAZIONALE, DI UN GIUDICE VERO, DI UN UOMO DI DESTRA.

Il 19 luglio del 1992 fu ucciso a Palermo il presidente ideale della seconda repubblica italiana. Era un magistrato, come colui che fu poi eletto presidente della repubblica (Scalfaro), ma lui all'Italia dette la vita e non la retorica. 
Era un magistrato ma non era malato di protagonismo e di livore ideologico. Quarantasette parlamentari del MSI lo votarono Presidente di una Repubblica ideale. Quarantasette, morto che parla e dopo che avevano ucciso Falcone,
Paolo Borsellino era un morto che parlava. Sapeva ormai da due mesi che il prossimo sarebbe stato lui ma rimase al posto suo, a testa alta. Perché lui era davvero un uomo d'onore, nel senso che alla mafia di una volta incuteva timore e rispetto; meno alla nuova, più spregiudicata e cinica. Lui era un servitore dello Stato, credeva nell'autorità dello Stato e nella missione del magistrato. Non serviva solo la Repubblica e la Costituzione ma amava la sua patria, l'Italia, a partire dalla sua Sicilia.
Non a caso, da giovane aveva militato nelle organizzazioni del Msi. Pochi ricordano che fu tre giorni prima della strage di Capaci, avvenuta durante le votazioni per l'elezione del presidente della repubblica, che i 47 missini votarono Borsellino presidente. Peccato che furono così pochi, e altri non si accodarono: forse quel voto avrebbe salvato la vita a lui e la dignità alla repubblica. Lo diciamo col senno di poi, forse avremmo salvato un grande uomo.
Quanta gente campa ancora sulla morte di Paolo Borsellino. Quanti magistrati devono a eroi come lui se hanno avuto largo credito e pubblica fiducia. La magistratura italiana per anni ha vissuto sull'eredità di toghe insanguinate come la sua, godendo di un'autorevolezza assoluta. Nessuno poteva toccare il ruolo e il prestigio delle toghe dopo il sacrificio di Falcone e Borsellino. Quante anime belle hanno inzuppato la loro retorica nel sangue di quel magistrato.
C'è una vena di sciacalleria in tutto questo e di appropriazione indebita della memoria di un eroe, un martire e un galantuomo. Perché Borsellino non era un giudice d'assalto malato di protagonismo e di furore ideologico, come molti magistrati che abbiamo tristemente conosciuto negli ultimi anni.
Borsellino non era un giudice giacobino, non cercava popolarità attraverso clamorosi atti giudiziari, e tantomeno pensava di darsi alla politica, di portare all'incasso la sua fama di giudice antimafia. Borsellino era davvero un uomo d'onore, nel senso che alla mafia di una volta incuteva timore e rispetto; meno alla nuova, più spregiudicata e cinica della precedente. Borsellino era un servitore dello Stato, uno che credeva nell'autorità dello Stato e nella missione del magistrato. Non serviva solo la Repubblica e la Costituzione ma amava la sua patria, l'Italia, a partire dalla sua Sicilia.
Perché Borsellino era un uomo di destra, fin da ragazzo aveva militato nelle organizzazioni studentesche missine. Borsellino aveva diretto un giornale destrorso al liceo, Agorà, poi si era iscritto al Fuan nel 1959, entrò nell'esecutivo provinciale tre anni dopo e diventò vice. Borsellino rischiava per le proprie convinzioni perché come scriveva Pound se non rischi per le tue idee o non valgono niente le tue idee o non vali niente tu.
Sono stati tanti gli eroi e martiri di questa pur ingloriosa repubblica; e nella lotta alla criminalità siciliana o campana molti caduti furono siciliani, campani e di destra, anzi missini. Borsellino andò incontro alla morte con eroico fatalismo, sapendo che ormai una sentenza di morte era stata scritta contro di lui. Conosceva troppo bene la mafia e i mafiosi per non averlo capito. L'agonia di Paolo Borsellino non fu breve, come scrissero le cronache di quel venti luglio, ma durò ben cinquantotto giorni. Perché quando fu ucciso Falcone con la sua scorta, il 22 maggio a Capaci, Borsellino capì che il prossimo della lista era lui.
Lo sentiva, glielo facevano sentire e lo avvertivano anche coloro che gli stavano intorno e gli osservatori più attenti. Andò incontro all'ultimo appuntamento senza inscenare piazzate, conferenze stampa, movimenti di popolo e sceneggiate. Aveva la sua scorta ma sapeva, dopo il caso Falcone, che gli uomini della scorta più che scudi, rischiavano di diventare suoi consorti, legati al suo tragico destino, come poi accadde. Così trascorse quella mezza estate del '92 guardando in faccia il suo destino e i suoi carnefici, senza defilarsi o cambiar mestiere. Un'estate decisiva, che segnò poi la fine della prima repubblica, l'elezione di Scalfaro, lo sviluppo di Tangentopoli.
Beato un popolo che onora i suoi eroi di cui abbiamo bisogno più del pane. Eroi come Borsellino.

(liberamente tratto da Marcello Veneziani, Il Tempo 8 dicembre 2016)

Fabio Sabbatani Schiuma

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mercoledì 18 luglio 2018

Alla festa tricolore di Riva Destra prove tecniche di ricomposizione del centro destra.

A destra torna la stagione delle feste tricolori. Lo storico appuntamento ideato dal Movimento Sociale dal 1982 al 1994 e di Alleanza Nazionale dal 1995 al 2008 ritorna in provincia di Roma, precisamente a Palestrina, comune della città metropolitana di Roma capitale.
Ad organizzarla è Fabio Sabbatani Schiuma, fondatore di Riva Destra, storico militante di piazza della destra romana, consigliere municipale che precisa: non si tratta di una mera rievocazione storica di una festa che ha un profondo significato per più generazioni di militanti di destra, ma bensì di una segnale, in virtù del quale, di una destra moderna ma con radici salde ce n'è ancora bisogno nel nostro paese.
Il fallimento di Gianfranco Fini e dei suoi colonnelli, secondo Sabbatani Schiuma,  e' stato totale e per ricostruirla serve una nuova classe dirigente, nuovi leader a cui noi offriamo il nostro sostegno per affermarsi in campo nazionale, riunire e ricostruire sulle macerie". 
Riva destra e' oggi schierata comunque "a favore di una coalizione di centrodestra, coesa ed unita con Salvini leader, che raccoglie voti e consensi grazie ad idee e valori che sono nel bagaglio culturale della destra.
Cosi domenica 22 luglio, capiterà di vedere, esempio abbastanza raro negli ultimi tempi, insieme esponenti delle forze che compongono il centro destra, nella sua versione classica.
In prima fila Mario Borghezio, un passato nella destra più accesa e poi un cursus honorum come irriducibile leghista, fino al Parlamento Europeo dove oggi siede, e animatore della Fondazione 'Europa dei popoli'.
A Palestrina ci sara' anche una delegazione di Fratelli d'Italia con il deputato Marco Silvestroni, peraltro responsabile della provincia di Roma, e due consiglieri regionali, il capogruppo Fabrizio Ghera e la promettente e giovanissima Chiara Colosimo. Ma anche una rappresentanza, probabilmente un po' 'critica' di Forza Italia, con il ras locale, già senatore, Francesco Aracri, anche lui di rigorosa provenienza Alleanza Nazionale, e un'altra emergente, neoeletta  alla Pisana, Laura Cartaginese.
Alla festa di Riva Destra ci saranno anche esponenti del variegato mondo della destra diffusa presente nelle istituzioni come l'ex europarlamentare Enzo Rivellini, leader del Movimento Napoli Capitale, Nino Penna, consigliere comunale di Riva Destra a Catania, eletto consigliere regionale nella lista Diventerà bellissima del governatore Nello Musumeci.

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venerdì 13 luglio 2018

Indro Montanelli: il 12 aprile del 1995 Montanelli scrive il suo ultimo "pezzo" per la chiusura de "La Voce".

Uno Straniero in Italia di Indro Montanelli
Da domani i lettori resteranno senza “Voce”. La sua ricomparsa è rinviata, come si suol dire, sinedie. Ci sono state molte voci, in questi ultimi giorni intorno alla “Voce”. Si è parlato persino di un golpe. Io ho voluto restarvi del tutto estraneo, anzi mi sono allontanato, per lasciare la redazione libera di decidere il suo destino. La redazione ha preferito lo harakiri allo stravolgimento del proprio giornale. Io lo sapevo e sottoscrivo. Ma in sede di rendiconto, dobbiamo riconoscere che questo trauma è stato non la causa, ma l'effetto di una crisi che risale più a monte. Di questa crisi potrei fornire varie spiegazioni, per così dire, congiunturali: il pauroso calo della pubblicità per la devastante concorrenza della TV, l'impennata dei costi ( il prezzo della carta è raddoppiato in pochi mesi), il distorcimento del mercato operato dai grandi quotidiani con una sfrenata corsa a supplementi, inserti, gadgets di ogni genere, buono e cattivo, cui non potevamo far fronte.Tutto vero. Ma tutto secondario rispetto al difetto d'origine. Noi volevamo fare, da uomini di Destra, il quotidiano di una Destra veramente liberale, ancorata ai suoi storici valori: lo spirito di servizio (quello vero, taciuto e predicato), il senso dello Stato, il rigoroso codice di comportamento che furono appannaggio dei suoi rari campioni da Giolitti ad Einaudi a De Gasperi. Insomma, l'organo di una Destra che oggi si sente oltraggiata dall'abuso che ne fanno gli attuali contraffattori. Questa Destra fedele a se stessa in Italia c'è. Ma è un'élite troppo esigua per nutrire un quotidiano. Ecco il vizio d'origine che ha fatto della “Voce” - come ha scritto Michele Serra - un giornale sbagliato, anzi un giornale “straniero”. I miei ragazzi, che per difenderlo avevano rinunziato a metà dello stipendio ed al fondo liquidazioni, ora vogliono costituirsi in cooperativa per rilanciarlo e se riusciranno a formare un'Associazione degli amici della “Voce” io ne sarò il presidente. Altro non posso dargli. Sono stanco di grufolare nel pantano cui è ridotta la vita pubblica italiana, dove non si può muovere un passo senza imbrattarsi di fango. Eppoi la mia parte credo di averla fatta. Per tenere e difendere le mie posizioni, ho dovuto, in questi ultimi anni, fondare due giornali “contro”: contro la Sinistra, quando era la Sinistra a minacciarle: ed ora contro l'attuale parodia di Destra che le sta - cosa ancora più pericolosa - discreditando. Due battaglie, due sconfitte, di cui vado ugualmente fiero, ma che mia hanno lasciato addosso - nel morale, ed anche nel fisico - troppe cicatrici. Chiedo ai lettori di riconoscermi il diritto al congedo. Mi mancheranno, i lettori, quei lettori. Mi mancheranno terribilmente. Spero di mancare anch'io un poco a loro. 
Ma spero ancora di più che “La Voce” dei miei ragazzi non faccia rimpiangere la mia.

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venerdì 6 luglio 2018

GIUSTIZIA:CIRCOLARE del 14 GIUGNO 1926.

In una circolare fascista la tutela dei lavoratori somali che i sindacati di oggi dovrebbero leggere.
... Non mi fermo sulla questione del trattamento limitandomi a ricordare che in Somalia vige per legge il Codice penale italiano per bianchi e neri; che il Giudice della Colonia conosce molto bene il suo dovere e che io sono fermamente deciso a non ammettere da chicchessia la benché minima violazione della legge. Ma la precisa informazione che qui intendo dare perché tutti la conoscano, si è che non tarderanno molto tempo ad essere emanate altre chiare disposizioni di legge protettive del lavoro e quindi della mano d’opera anche agricola nella intera Colonia, e che la organizzazione e l’impiego dell’ascendente enorme del Governo e del Governatore sugli indigeni hanno lo scopo umanitario, disciplinare e fascista di un graduale avviamento al lavoro di queste popolazioni, e non mai di qualsiasi coazione che crei larvate schiavitù o servitù della gleba, e meno che mai a semplice uso od abuso e servizio di privati.”
Singolare come nessun libro di storia coloniale abbia mai ripreso questa circolare fascista, fascistissima, del 1926 del Governatore de Vecchi a tutela dei lavoratori somali, affinché non venissero sfruttati e maltrattati, che non si creasse una qualsivoglia forma di sfruttamento o di caporalato e che sottolineava come in Colonia vigesse il Codice Penale italiano e che era valido per bianchi e neri.

Fonte: Italia Coloniale

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giovedì 5 luglio 2018

Roma, la nuova Destra riparte dal Viminale. Vicini di casa di Matteo Salvini.

Il nucleo romano di post missini tenta la rifondazione del centrodestra: “Non contro Salvini, ma vicini”.
di Claudio Roma
Macerie della destra romana che il movimento Riva Destra prova a ricostruire. Col pensiero al “guastatore” Gianfranco Fini e uno sguardo attento a Matteo Salvini. E la “nuova destra”, prova a ripartire partendo dal Viminale, giusto due passi dal nuovo ufficio del ministro degli Interni.
"No, per favore, è solo una casualità. Salvini poi non ha mica bisogno di sentinelle", Rispondono  tranchant i responsabili romani di Riva Destra, Lorenzo Loiacono e Cristiano Spadola, alla domanda sul motivo di una sede aperta proprio a fianco al Viminale.
Già, perché il locale inaugurato da una vasta platea di simpatizzanti e militanti in via Venezia, è davvero a meno di 30 metri dal palazzo del Ministero degli Interni e la domanda se sia stata voluta la scelta nasce spontanea. "E' da marzo poi che ci lavoriamo sopra - giurano i due - mica abbiamo la palla di vetro...".
Così, in piena arsura estiva, Riva Destra, il primo storico circolo di Alleanza Nazionale diventato movimento dopo le forti contestazioni nel 2008 a Gianfranco Fini (che di tutta risposta sospese da Alleanza Nazionale il suo fondatore, l'allora vicepresidente del Consiglio Comunale di Roma, Fabio Sabbatani Schiuma), apre una sua sede a Roma.
"La nostra è una sezione su strada e vuole essere anche una risposta alla politica virtuale dei social, oltre che un contributo alla ricostruzione di una destra da troppo assente, o marginale, nella politica italiana", spiega lo stesso Schiuma, assente perché colpito da un improvviso lutto in famiglia, da sempre 'uomo di piazza' della destra sociale romana, con tanto di recentissima parentesi anche tra le file dei salviniani all'ombra del Cupolone.
"Salvini? Oggi sono tutti con lui e noi non siamo di certo contro - affermano tutti e tre all'unisono - abbiamo sostenuto il centrodestra, ma le sue idee erano ieri, comunque, delle battaglie storiche della destra, nostre quindi. Purtroppo Gianfranco Fini ha distrutto tutto e oggi, nel nuovo centrodestra a trazione leghista, una destra non c'è, o risulta troppo marginale. Servirebbe invece, eccome, anche per evitare una deriva verso i grillini, dai quali Salvini a nostro avviso si dovrà ben presto guardare".
A tagliare il nastro sono così anche molti esponenti del centrodestra, non solo romano. Si sono trovati cosi' vis-a-vis Maurizio Gasparri ("è il primo che ha raccolto il nostro invito"), insieme a storici ex parlamentari di stretta osservanza postmissina, come Francesco Aracri e Fabrizio Di Stefano, quest'ultimo papabile candidato presidente alla regione Abruzzo, ed entrambi 'tagliati' all'ultimo da Forza Italia alle scorse politiche. Ma anche esponenti di primo piano di FdI, Il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, il deputato questore Edmondo Cirrielli, il senatore Marco Marsilio, il segretario romano Massimo Milani el consigliere municipale Gianluca Caramanna, oltre ai giovani in ascesa ("puntiamo molto su di loro, per una nuova classe dirigente"), come la consigliera regionale del Lazio Chiara Colosimo (FdI) e il consigliere capitolino Maurizio Politi, a capo dei ribelli appena fuoriusciti dal partito della Meloni.

Nel corso della serata, terminata con una cena comunitaria al ristorante a fianco 'Al Viminale', e' stata annunciata la prima festa tricolore di Riva Destra, che si terrà il 22 luglio a Palestrina (Roma), ove ha già assicurato la sua presenza la stessa Colosimo, oltre a Nino Penna, il consigliere comunale di Catania che Riva Destra ha recentemente conquistato all'interno della lista di Nello Musumeci ("è anche lui un credibilissimo punto di riferimento per noi").
Ma loro spergiurano di non voler essere un partito e intanto per il 7 ottobre hanno indetto una riunione nazionale, alla quale parteciperanno peraltro rappresentanti di altri movimenti di destra. 
Prove tecniche di Nuova Destra.

Fonte: Affari Italiani !

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