Una furia. Mai avevamo sentito Roberta Bruzzone così alterata. La sua è una difesa nei confronti delle Forze dell’Ordine “terrorizzate dalle conseguenze di fare bene il proprio lavoro”. La nota criminologa invoca la certezza della pena e “soprattutto la sua rapidità” nell'intervista a IntelligoNews, nella quale auspica che dopo gli incidenti di ieri a Roma si inizi a dare qualche segnale forte…
Come definisce il tipo di criminalità visto ieri a Roma e chi deve pagare per quanto accaduto?
«Un gruppetto di squilibrati di infima categoria che ha ferito Roma nei suoi luoghi più preziosi. Si immagini cosa può fare un gruppo di soggetti anche malamente organizzati. Chi sbaglia deve cominciare a pagare senza se e senza ma…».
Ancora una volta nel mirino finisce la certezza della pena?
«La certezza della pena e soprattutto la sua rapidità. È come se un genitore dicesse a un figlio che deve pagare per l’oggetto che ha rotto, ma la punizione arriverà dopo sei anni. Se l’oggetto lo hai rotto oggi ti punisco subito, altrimenti che tipo di deterrente è?».
La città non è stata difesa in modo adeguato?
«Dobbiamo alzare la guardia cari signori, è ora di finirla. L’Italia non deve essere il Paese in cui ognuno può fare ciò che gli pare, bisogna cominciare a dare qualche segnale forte.
Il problema è anche legato ai tagli che hanno subito le Forze dell’Ordine?
«Dobbiamo capire cosa vogliamo fare da grandi. La coperta è corta, ma se vogliamo sicurezza dobbiamo investire altrimenti poi non possiamo lamentarci. Le nozze con i fichi secchi non si possono fare, chiaro? Quello che ci hanno fatto credere non va bene, occorre una revisione del Paese che sia scevra da logiche populistiche».
Ieri sera Renzi ha detto che è il Feyenoord a dover chiedere scusa…
«Non è un problema di scuse da parte dell’Olanda, questo è un gruppo di imbecilli che sono riusciti a fare ciò che volevano in totale autonomia e libertà. Il problema è che l’Italia deve essere in grado di prendere subito a calci in culo gente di questo tipo! Abbia pazienza…».
Qual è allora il vero problema di questo Paese?
«L’avere paura di mostrare i denti. L’Italia non è in grado di reagire nella giusta misura davanti a situazioni di questo genere e anche più gravi. Noi ci facciamo letteralmente fare a pezzi dai primi imbecilli che vengono. Che speranze abbiamo se venissero quattro soggetti anche malamente addestrati? Questo è il punto».
Inizia intanto la pratica dello scaricarsi a vicenda le responsabilità. Chi ha sbagliato: il Campidoglio, la Prefettura, il Viminale?
«C’è una responsabilità diffusa perché ci sono delle direttive che non consentono agli ottimi operatori di Polizia che abbiamo, e ci tengo a ribadire questo concetto, di fare il loro mestiere perché ormai sono tutti terrorizzati dalla conseguenze di fare bene il proprio lavoro.
Siamo arrivati a questo punto. Alla fine dei giochi per un arresto fatto in maniera energica i poliziotti rischiano di andare davanti ai giudici. Se vogliamo difendere i delinquenti basta essere chiari e poi non lamentarsi quando accadono fatti come quelli di ieri. Abbiamo ridotto gli operatori di Polizia ad ombre di quello che erano».
Non è sufficiente il Daspo…
«Ma quale Daspo! Questo è il Paese dove la peggiore feccia d’Europa viene nella consapevolezza di poter fare quello che le pare perché alle brutte, anche se arrestata, dopo un paio di giorni potrebbe essere già fuori».
Questa volta non si può neanche tirare in ballo il fattore sorpresa visto quanto accaduto circa dodici ore prima a Campo de’ Fiori…
«Ancora stiamo a giocare con la prevedibilità? Si sa benissimo che un gruppo di tifoserie di questo tipo può portare guai, ma cosa aspettiamo la domanda in carta bollata?».
Fonte: IntelligoNews
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Aggiornamenti e News
venerdì 20 febbraio 2015
Roma-Feyenoord, Bruzzone: “Italia ha paura di mostrare i denti. Poliziotti ridotti ad ombre, come reagire”.
giovedì 19 febbraio 2015
VENEZIANI: Alleanza Nazionale "non ha lasciato segni nella storia italiana".
Marcello Veneziani su An: "quel partito è ormai scomparso dalla storia del Paese". E su Berlusconi:"La destra di Berlusconi ormai è una coalizione intorno a un leader, una struttura monarchica".
"Dell’esperienza di An non c’è più traccia", afferma Marcello Veneziani: quel partito è ormai scomparso dalla storia del nostro Paese.
Marcello Veneziani, dell’idea che, vent'anni fa, portò la destra al governo, cosa resta oggi?
"Quell'idea, quelle condizioni quelle passioni e quei valori esistono allo stato diffuso, quello che non esiste più e che non ha lasciato traccia è l’idea di una destra politica. È passata via come acqua che scorre, non ha lasciato alcun tipo di impronta, negli anni in cui è stata al governo, in Parlamento: nulla di significativo che possa dire: qui è passata la destra".
E i valori?
"Quelle convinzioni, che alimentavano la maggioranza silenziosa del Paese, quella cospicua fetta di italiani che si riconoscevano in quei valori tradizionali, comunitari, quelli, credono, che restino ancora. Non hanno espressione politica né nessuno che li rappresenti, ma esistono".
La differenza tra il Msi e An?
"La differenza fu essenziale, il Msi fu un partito di testimonianza che mirava a tenere unita una comunità ed un partito in una posizione che si sapeva essere ininfluente. Aveva la nobiltà e la sterilità della testimonianza. An fa il percorso opposto: nasce come forza in funzione di una coalizione che va al governo e che poi vince, rientra ampiamente nella dimensione politica, ma poi non lascia tracce, la sua esperienza complessiva è negativa. Il bilancio che si fa porta a dire paradossalmente che era meglio la destra di pura testimonianza".
Quante volte è cambiata la destra?
"La destra ha sempre avuto una pluralità di anime: c’era anche, ad esempio, nel Msi, un’anima che era filoisraeliana, filoccidentale e un’altra anima che invece tendeva più a riconoscere le ragioni dei palestinesi, a concepire l’Europa in antitesi o almeno non subordinata all’America e all’Occidente. Ci sono sempre state pluralità di espressioni. Le stesse cose sono continuate dopo in An, Non c’è un piano progressivo da una destra chiusa, dura e pura, a una destra, invece, libera e felice".
E la destra che c’è oggi?
"La destra di oggi, lo sostengo da tempo, esiste come opinione pubblica, come convinzione di molti, ma non c’è altro. Oggi i due soggetti che vagamente la interpretano sono la Lega di Salvini, o meglio, Salvini più che la Lega, che la interpreta con i tratti duri, radicali, di un lepenismo alla lombarda, non direi nemmeno all’italiana. Dall’altra parte Giorgia Meloni che ha sicuramente un linguaggio molto vicino alla destra e alle sue componenti storiche, ma che rappresenta un piccolo partito che ha anche difficoltà ad esprimere una classe dirigente. Queste sono le destre superstiti".
E Berlusconi?
"La destra di Berlusconi ormai è una coalizione intorno a un leader, è una struttura monarchica, legata al suo rapporto fiduciario nei confronti del capo e il capo un giorno è liberale, un altro è populista, e un giorno cura, come è comprensibile, i suoi interessi, non si può definire stricto sensu un’espressione di una destra".
Perché Salvini ha successo?
"Il suo successo si spiega da una parte con il cedimento di Berlusconi che, per quanto abbia contestato questi tre anni e mezzo in cui è stato all'opposizione ha sostenuto il governo Monti, il governo Letta, in una prima fase, ha fatto il patto del Nazareno, ha rivotato Napolitano... questo ha creato il desiderio di una destra che fosse di opposizione e non di appoggio. A questo si aggiungono i temi, che sono quelli della Le Pen in Francia, e che Salvini ha cavalcato benissimo in Italia: l’identità italiana, le radici cristiane, l’allarme immigrazione, contestazione dell’euro e della tecnocrazia che è alle sue spalle, tutto un frasario reso anche televisivamente in modo diretto, semplice".
A. A. - Fonte: IL TEMPO
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Marcello Veneziani, dell’idea che, vent'anni fa, portò la destra al governo, cosa resta oggi?
"Quell'idea, quelle condizioni quelle passioni e quei valori esistono allo stato diffuso, quello che non esiste più e che non ha lasciato traccia è l’idea di una destra politica. È passata via come acqua che scorre, non ha lasciato alcun tipo di impronta, negli anni in cui è stata al governo, in Parlamento: nulla di significativo che possa dire: qui è passata la destra".
E i valori?
"Quelle convinzioni, che alimentavano la maggioranza silenziosa del Paese, quella cospicua fetta di italiani che si riconoscevano in quei valori tradizionali, comunitari, quelli, credono, che restino ancora. Non hanno espressione politica né nessuno che li rappresenti, ma esistono".
La differenza tra il Msi e An?
"La differenza fu essenziale, il Msi fu un partito di testimonianza che mirava a tenere unita una comunità ed un partito in una posizione che si sapeva essere ininfluente. Aveva la nobiltà e la sterilità della testimonianza. An fa il percorso opposto: nasce come forza in funzione di una coalizione che va al governo e che poi vince, rientra ampiamente nella dimensione politica, ma poi non lascia tracce, la sua esperienza complessiva è negativa. Il bilancio che si fa porta a dire paradossalmente che era meglio la destra di pura testimonianza".
Quante volte è cambiata la destra?
"La destra ha sempre avuto una pluralità di anime: c’era anche, ad esempio, nel Msi, un’anima che era filoisraeliana, filoccidentale e un’altra anima che invece tendeva più a riconoscere le ragioni dei palestinesi, a concepire l’Europa in antitesi o almeno non subordinata all’America e all’Occidente. Ci sono sempre state pluralità di espressioni. Le stesse cose sono continuate dopo in An, Non c’è un piano progressivo da una destra chiusa, dura e pura, a una destra, invece, libera e felice".
E la destra che c’è oggi?
"La destra di oggi, lo sostengo da tempo, esiste come opinione pubblica, come convinzione di molti, ma non c’è altro. Oggi i due soggetti che vagamente la interpretano sono la Lega di Salvini, o meglio, Salvini più che la Lega, che la interpreta con i tratti duri, radicali, di un lepenismo alla lombarda, non direi nemmeno all’italiana. Dall’altra parte Giorgia Meloni che ha sicuramente un linguaggio molto vicino alla destra e alle sue componenti storiche, ma che rappresenta un piccolo partito che ha anche difficoltà ad esprimere una classe dirigente. Queste sono le destre superstiti".
E Berlusconi?
"La destra di Berlusconi ormai è una coalizione intorno a un leader, è una struttura monarchica, legata al suo rapporto fiduciario nei confronti del capo e il capo un giorno è liberale, un altro è populista, e un giorno cura, come è comprensibile, i suoi interessi, non si può definire stricto sensu un’espressione di una destra".
Perché Salvini ha successo?
"Il suo successo si spiega da una parte con il cedimento di Berlusconi che, per quanto abbia contestato questi tre anni e mezzo in cui è stato all'opposizione ha sostenuto il governo Monti, il governo Letta, in una prima fase, ha fatto il patto del Nazareno, ha rivotato Napolitano... questo ha creato il desiderio di una destra che fosse di opposizione e non di appoggio. A questo si aggiungono i temi, che sono quelli della Le Pen in Francia, e che Salvini ha cavalcato benissimo in Italia: l’identità italiana, le radici cristiane, l’allarme immigrazione, contestazione dell’euro e della tecnocrazia che è alle sue spalle, tutto un frasario reso anche televisivamente in modo diretto, semplice".
A. A. - Fonte: IL TEMPO
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mercoledì 18 febbraio 2015
Europa: Riva Destra ha la vista lunga !

Riva Destra il 16 febbraio del 2011 era sotto la sede del Parlamento europeo a Roma, con la pioggia e due striscioni:
"Aridatece Ben Alì, Mubarak e Gheddafi"
e "Clandestini fuori da confini".
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IL FUTURO DEL CENTRODESTRA
La destra romana in fila da Salvini
Il leghista prepara la manifestazione del 28 a piazza del Popolo. Allarme centri sociali.
Obiettivo centomila. Fervono i preparativi per la manifestazione promossa da Matteo Salvini il prossimo 28 febbraio a Roma in piazza del Popolo. Quella del segretario della Lega è una vera e propria chiamata a raccolta del popolo antirenziano, un’adunanza delle destre che vedono il leader del Carroccio - in costante crescita nel Centro-Sud - come l’unico in grado di riaggregare un campo balcanizzato e in crisi politico-culturale e di rimetterlo in pista per sfidare il Pd.
Il titolo della manifestazione, del resto, è eloquente: "Renzi a casa". Salvini alza i toni, attacca il governo su immigrazione, terrorismo, economia, Europa e lancia il guanto di sfida al premier e segretario Dem. "Ci saranno centomila persone, una risata li seppellirà", dice il segretario di via Bellerio ricorrendo a una storica citazione anarchica. "Piazza del popolo a Roma non dico che deve esplodere, visti i tempi, ma ribollire di persone per bene: interverranno dal palco medici, poliziotti - prosegue Renzi - Abbiamo bisogno di persone per bene".
Autorevoli fonti parlamentari riferiscono che il 28 febbraio raggiungeranno la Capitale circa 250 pullman, circa 150 di quali dal Nord e un centinaio dal Mezzogiorno. Tantissimi militanti, invece, arriveranno a Roma in treno. L’allerta delle forze dell’ordine resta altissima. Sebbene la manifestazione di Salvini non sia un corteo, da giorni centri sociali e collettivi studenteschi di estrema sinistra promettono contromanifestazioni al grido di «Salvini Roma non ti vuole», come riportato da Il Tempo il 7 febbraio. Il timore è che possano verificarsi scontri durante l’afflusso in piazza del Popolo dei militanti di Salvini. Oggi collettivi e centri sociali si rivedranno all’università La Sapienza - come già fatto ai primi del mese - per organizzare la controffensiva: un corteo dall’ateneo fino in piazza del Popolo, anche se nessuna manifestazione sarebbe stata ancora autorizzata dalla Questura.
Di certo in piazza del Popolo ci saranno non solo gli elettori del leader leghista, ma anche i politici romani che hanno aderito alla lista "Noi con Salvini". Tra loro il consigliere comunale e capogruppo Ncs in Campidoglio Marco Pomarici. Ma anche tanti politici che ufficialmente ancora non hanno scelto formalmente l’altro Matteo e che militano in altri partiti, come la leader di Fratelli d’Italia-An Giorgia Meloni. Ci sarà ad esempio l’ex portavoce nazionale Ncd Barbara Saltamartini, ora passata al gruppo Misto. E a nessuno sono sfuggite le dimissioni da capogruppo Ncd in Regione Lazio di Pietro Di Paolo, marito della Saltamartini. Di Paolo ha spiegato ai colleghi l’intenzione di percorrere un percorso politico diverso da quello di Alfano, ma non se l’è sentita, per correttezza istituzionale, di andarsene da capogruppo in carica. Alla Pisana sono in tanti a guardare a Salvini. C’è ad esempio il giovane Fabrizio Santori e voci di corridoio parlano di una prossima formazione di un gruppo consiliare "Noi con Salvini" in Consiglio regionale.
Insomma, l’altro Matteo miete consensi. Ora toccherà a lui decidere come muoversi. In molti vogliono capire il progetto e fino a che punto la sua sarà una lista civica, quale possa essere l’agibilità per chi ricopre una carica elettiva. «Aspettiamo che la nebbia si diradi - spiega un consigliere regionale - Per la destra Salvini è la luce fuori dal tunnel, però manca ancora chiarezza. Il senatore Volpi all’inizio ha spinto molto sull’acceleratore e ora il progetto è stato frenato: in tanti fuori dalla porta aspettano ancora una risposta. Inoltre cosa farà il resto della destra, ad esempio la Meloni? È chiaro però che l’attenzione verso Salvini resta altissima». L’impressione è che dopo il 28 febbraio e con l’avvicinarsi delle regionali tutto possa essere più chiaro.
di Daniele Di Mario - IL TEMPO
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Il leghista prepara la manifestazione del 28 a piazza del Popolo. Allarme centri sociali.
Obiettivo centomila. Fervono i preparativi per la manifestazione promossa da Matteo Salvini il prossimo 28 febbraio a Roma in piazza del Popolo. Quella del segretario della Lega è una vera e propria chiamata a raccolta del popolo antirenziano, un’adunanza delle destre che vedono il leader del Carroccio - in costante crescita nel Centro-Sud - come l’unico in grado di riaggregare un campo balcanizzato e in crisi politico-culturale e di rimetterlo in pista per sfidare il Pd.
Il titolo della manifestazione, del resto, è eloquente: "Renzi a casa". Salvini alza i toni, attacca il governo su immigrazione, terrorismo, economia, Europa e lancia il guanto di sfida al premier e segretario Dem. "Ci saranno centomila persone, una risata li seppellirà", dice il segretario di via Bellerio ricorrendo a una storica citazione anarchica. "Piazza del popolo a Roma non dico che deve esplodere, visti i tempi, ma ribollire di persone per bene: interverranno dal palco medici, poliziotti - prosegue Renzi - Abbiamo bisogno di persone per bene".
Autorevoli fonti parlamentari riferiscono che il 28 febbraio raggiungeranno la Capitale circa 250 pullman, circa 150 di quali dal Nord e un centinaio dal Mezzogiorno. Tantissimi militanti, invece, arriveranno a Roma in treno. L’allerta delle forze dell’ordine resta altissima. Sebbene la manifestazione di Salvini non sia un corteo, da giorni centri sociali e collettivi studenteschi di estrema sinistra promettono contromanifestazioni al grido di «Salvini Roma non ti vuole», come riportato da Il Tempo il 7 febbraio. Il timore è che possano verificarsi scontri durante l’afflusso in piazza del Popolo dei militanti di Salvini. Oggi collettivi e centri sociali si rivedranno all’università La Sapienza - come già fatto ai primi del mese - per organizzare la controffensiva: un corteo dall’ateneo fino in piazza del Popolo, anche se nessuna manifestazione sarebbe stata ancora autorizzata dalla Questura.
Di certo in piazza del Popolo ci saranno non solo gli elettori del leader leghista, ma anche i politici romani che hanno aderito alla lista "Noi con Salvini". Tra loro il consigliere comunale e capogruppo Ncs in Campidoglio Marco Pomarici. Ma anche tanti politici che ufficialmente ancora non hanno scelto formalmente l’altro Matteo e che militano in altri partiti, come la leader di Fratelli d’Italia-An Giorgia Meloni. Ci sarà ad esempio l’ex portavoce nazionale Ncd Barbara Saltamartini, ora passata al gruppo Misto. E a nessuno sono sfuggite le dimissioni da capogruppo Ncd in Regione Lazio di Pietro Di Paolo, marito della Saltamartini. Di Paolo ha spiegato ai colleghi l’intenzione di percorrere un percorso politico diverso da quello di Alfano, ma non se l’è sentita, per correttezza istituzionale, di andarsene da capogruppo in carica. Alla Pisana sono in tanti a guardare a Salvini. C’è ad esempio il giovane Fabrizio Santori e voci di corridoio parlano di una prossima formazione di un gruppo consiliare "Noi con Salvini" in Consiglio regionale.
Insomma, l’altro Matteo miete consensi. Ora toccherà a lui decidere come muoversi. In molti vogliono capire il progetto e fino a che punto la sua sarà una lista civica, quale possa essere l’agibilità per chi ricopre una carica elettiva. «Aspettiamo che la nebbia si diradi - spiega un consigliere regionale - Per la destra Salvini è la luce fuori dal tunnel, però manca ancora chiarezza. Il senatore Volpi all’inizio ha spinto molto sull’acceleratore e ora il progetto è stato frenato: in tanti fuori dalla porta aspettano ancora una risposta. Inoltre cosa farà il resto della destra, ad esempio la Meloni? È chiaro però che l’attenzione verso Salvini resta altissima». L’impressione è che dopo il 28 febbraio e con l’avvicinarsi delle regionali tutto possa essere più chiaro.
di Daniele Di Mario - IL TEMPO
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EMERGENZA TERRORISMO !
Un interessantissimo articolo di Don Walter Trovato, Cappellano della Polizia di Stato su "IL TEMPO" di oggi.
Il vescovo Martinelli non è solo.
di Don Walter Trovato, Cappellano della Polizia di Stato.
Caro Direttore, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vescovo di Tripoli, ha deciso di non lasciare la Cattedrale di San Francesco in terra libica. Il suo gesto è un atto d i coraggio, segno di una profonda fede, e diventa un esempio di totale dedizione alla Missione che Cristo gli ha affidato. La mia vuole essere però non solo una testimonianza di profonda ammirazione per quest'uomo che resta in piedi nella Chiesa, mentre fuori la violenza bagna di sangue la terra dove peraltro sono anch'io nato. Nel nome di Dio il solo sangue ammesso è quello del martirio, del proprio sangue donato per il Bene e la pace, e non può essere quello di una violenza atroce.
Il solo martirio esistente è infatti donare la propria vita, fermi nella fede per amore di Dio e del prossimo ed anche per quest'ultimo in virtù dell'amor di Dio. Mi resta difficile pensare che esista qualche uomo che in nome di Dio uccida e si auto proclami martire.
Mons. Martinelli, che dà esempio anche a me Sacerdote di Cristo, non resta solo nello sedere su quella Cattedra: tanti cristiani nel mondo lo stanno ammirando e si stringono a lui e per lui, pregano affinché tutto questo abbia presto fine e affinché cessino le violenze quotidiane che i cristiani subiscono nel mondo, a causa di una fede che non uccide.
Concludo, caro Direttore, ringraziandoLa per lo spazio concesso dal Suo giornale e con umiltà e spirito fraterno, chiedo una preghiera e un piccolo sacrificio offerto al Signore, dato anche il Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima, per il Vescovo della capitale libica. Stiamo uniti nella preghiera in questo momento di prova. Vi benedico e saluto con cordialità.
Don Walter Trovato Cappellano della Polizia di Stato.
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Don Walter Trovato |
di Don Walter Trovato, Cappellano della Polizia di Stato.
Caro Direttore, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vescovo di Tripoli, ha deciso di non lasciare la Cattedrale di San Francesco in terra libica. Il suo gesto è un atto d i coraggio, segno di una profonda fede, e diventa un esempio di totale dedizione alla Missione che Cristo gli ha affidato. La mia vuole essere però non solo una testimonianza di profonda ammirazione per quest'uomo che resta in piedi nella Chiesa, mentre fuori la violenza bagna di sangue la terra dove peraltro sono anch'io nato. Nel nome di Dio il solo sangue ammesso è quello del martirio, del proprio sangue donato per il Bene e la pace, e non può essere quello di una violenza atroce.
Il solo martirio esistente è infatti donare la propria vita, fermi nella fede per amore di Dio e del prossimo ed anche per quest'ultimo in virtù dell'amor di Dio. Mi resta difficile pensare che esista qualche uomo che in nome di Dio uccida e si auto proclami martire.
Mons. Martinelli, che dà esempio anche a me Sacerdote di Cristo, non resta solo nello sedere su quella Cattedra: tanti cristiani nel mondo lo stanno ammirando e si stringono a lui e per lui, pregano affinché tutto questo abbia presto fine e affinché cessino le violenze quotidiane che i cristiani subiscono nel mondo, a causa di una fede che non uccide.
Concludo, caro Direttore, ringraziandoLa per lo spazio concesso dal Suo giornale e con umiltà e spirito fraterno, chiedo una preghiera e un piccolo sacrificio offerto al Signore, dato anche il Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima, per il Vescovo della capitale libica. Stiamo uniti nella preghiera in questo momento di prova. Vi benedico e saluto con cordialità.
Don Walter Trovato Cappellano della Polizia di Stato.
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IL TEMPO: Armiamoci e partite !
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L'Editoriale di Gian Marco Chiocci |
A ciò aggiungeteci quel che il ministro dell’Interno è riuscito ad affermare sulla possibilità di un’infiltrazione di terroristi sui barconi, smentendo con ciò almeno cinquanta sue dichiarazioni passate. Si potrebbe infierire sulla figuraccia fatta pure con l’Europa che ha rivelato il menefreghismo italiano nel chiedere aiuto sul fronte Isis, oppure con la decisione di discutere della Libia giovedì in parlamento quando per questioni di propaganda personale il premier è solito convocare i lavori alle 7 del mattino. Se l’avanzata dell’uomo nero e l’esodo via mare preoccupa finalmente tutti (tranne i soliti idioti pacifisti radical chic) a noi terrorizza decisamente altro: l’improvvisazione di quanti dovrebbero pensare a farci dormire sonni tranquilli e invece straparlano senza rendersi conto dei danni che fanno.
Di GIAN MARCO CHIOCCI
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ECCO LA VITA DELLE DONNE SOTTO L'ISIS
Il noto quotidiano britannico The Guardian ha condotto un’inchiesta, pubblicata oggi, riguardante le rigide regole che gli estremisti islamici dell’Isis impongono alle donne residenti nelle regioni conquistate.
A parlare sono state alcune donne residenti a Mosul, Raqqa e Dier el-Zour, che attraverso telefoni privati e Skype hanno raccontato di come fossero, ad esempio, costrette ad uscire solo in compagnia di un guardiano, chiamato mahram, e ad indossare pesanti veli a doppio strato per tenere coperto praticamente tutto il corpo.
Una di queste testimoni, la 20enne Sama Maher, ha dichiarato di essere stata più volte incarcerata dalla polizia religiosa per aver contravvenuto a queste rigide norme. La giovane ha infatti dichiarato “E’ impossibile per una donna di Raqqa o di Deir el-Zour andare da qualsiasi parte senza il controllo di un mahram. Ho dovuto interrompere i miei studi ad Aleppo-ha continuato la ragazza-perché non mi è più permesso attraversare i checkpoint senza un mahram, ed uscire dalla città come facevo un tempo”. L’Isis ha infatti, tra le altre cose, provveduto a far chiudere tutte le sedi universitarie nelle aree sotto il suo controllo. Anche gli stessi guardiani maschi sono sottoposti a severe punizioni, nel caso in cui la donna affidata loro si permetta di provare ad eludere anche solo una di queste regole.
“Obbligano le donne di tutte le età a mettere il velo, sebbene la maggior parte delle donne di Mosul indossi lo hijab. L’Hisbah colpisce le donne in testa con un bastone, quando le sorprende senza velo” ha invece confessato Maha Saleh, pediatra di 36 anni. A Raqqa, capitale dell’Isis in Siria, le donne vengono obbligate ad indossare l’abaya (un lungo camice nero che copre tutto il corpo, esclusi piedi e mani), con tanto di velo per coprire il volto, ed in seguito persino un velo per coprire gli occhi.
C’è anche una testimonianza maschile tra le varie voci femminili, ed è quella di Sabah Nadem, cittadino di Mosul, che racconta un tragicomico aneddoto riguardante un normale atto di routine: fare la spesa al supermercato. “Una volta sono andato in un suq (una sorta di grande mercato, nda) con mia moglie, ma dopo un po’ l’ho persa in mezzo alla folla. Il problema è che tutte le donne erano coperte da capo a piedi, e non capivo quale fosse mia moglie. Ero spaventato, temevo di poter tornare a casa con la donna sbagliata. Sarebbe stato un disastro finire in mano all’Hisbah. Non potevo nemmeno utilizzare il cellulare, perché non c’era campo”. Alla fine Nadem ha dichiarato di essere riuscito a trovare sua moglie, a dopo averla chiamata per lungo tempo a gran voce in mezzo al resto della folla.
Persino nelle scuole e negli ospedali vigono queste imprescindibili norme, e sono le donne sopra i 45 anni sono esentate dall’obbligo di indossare il velo per coprire interamente il viso. Anche negli autobus vengono effettuate ispezioni ad opera degli uomini dell’Isis, che controllano caso per caso che le donne indossino ogni singolo capo d’abbigliamento previsto dal fanatico codice, e che siano accompagnate da un mahram. E di recente, a Mosul, l’Isis ha ordinato la chiusura di tutti i saloni di parrucchiere. Drammatica la storia di Samah Nasir, 43 anni, che ha deciso di riaprire il salone nonostante il divieto, perché ormai lei-parrucchiera di professione da 9 anni-non aveva altro modo per dare da mangiare ai propri figli, e pagare le cure mediche per il marito malato.
In seguito a questo fatto, l’Hisbah si presentò a casa sua, portando suo marito davanti alla corte della sharia. Quindi dichiarò che la donna, come pena per aver sfidato le leggi imposte dai terroristi, avrebbe dovuto pagare l’equivalente di 1.500 dollari, e ricevere 10 frustate ai piedi. “Non mi sono mai trovata in una simile situazione” ha confessato Samah agli inviati del The Guardian, aggiungendo poi che ora vive nel terrore, ed esce di casa solo quando strettamente necessario.
Un crudo spaccato che racconta quanto possa essere spaventosa e terrorizzante la vita sotto una dittatura religiosa.
Fabio Sabbatani Schiuma
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A parlare sono state alcune donne residenti a Mosul, Raqqa e Dier el-Zour, che attraverso telefoni privati e Skype hanno raccontato di come fossero, ad esempio, costrette ad uscire solo in compagnia di un guardiano, chiamato mahram, e ad indossare pesanti veli a doppio strato per tenere coperto praticamente tutto il corpo.
Una di queste testimoni, la 20enne Sama Maher, ha dichiarato di essere stata più volte incarcerata dalla polizia religiosa per aver contravvenuto a queste rigide norme. La giovane ha infatti dichiarato “E’ impossibile per una donna di Raqqa o di Deir el-Zour andare da qualsiasi parte senza il controllo di un mahram. Ho dovuto interrompere i miei studi ad Aleppo-ha continuato la ragazza-perché non mi è più permesso attraversare i checkpoint senza un mahram, ed uscire dalla città come facevo un tempo”. L’Isis ha infatti, tra le altre cose, provveduto a far chiudere tutte le sedi universitarie nelle aree sotto il suo controllo. Anche gli stessi guardiani maschi sono sottoposti a severe punizioni, nel caso in cui la donna affidata loro si permetta di provare ad eludere anche solo una di queste regole.
“Obbligano le donne di tutte le età a mettere il velo, sebbene la maggior parte delle donne di Mosul indossi lo hijab. L’Hisbah colpisce le donne in testa con un bastone, quando le sorprende senza velo” ha invece confessato Maha Saleh, pediatra di 36 anni. A Raqqa, capitale dell’Isis in Siria, le donne vengono obbligate ad indossare l’abaya (un lungo camice nero che copre tutto il corpo, esclusi piedi e mani), con tanto di velo per coprire il volto, ed in seguito persino un velo per coprire gli occhi.
C’è anche una testimonianza maschile tra le varie voci femminili, ed è quella di Sabah Nadem, cittadino di Mosul, che racconta un tragicomico aneddoto riguardante un normale atto di routine: fare la spesa al supermercato. “Una volta sono andato in un suq (una sorta di grande mercato, nda) con mia moglie, ma dopo un po’ l’ho persa in mezzo alla folla. Il problema è che tutte le donne erano coperte da capo a piedi, e non capivo quale fosse mia moglie. Ero spaventato, temevo di poter tornare a casa con la donna sbagliata. Sarebbe stato un disastro finire in mano all’Hisbah. Non potevo nemmeno utilizzare il cellulare, perché non c’era campo”. Alla fine Nadem ha dichiarato di essere riuscito a trovare sua moglie, a dopo averla chiamata per lungo tempo a gran voce in mezzo al resto della folla.
Persino nelle scuole e negli ospedali vigono queste imprescindibili norme, e sono le donne sopra i 45 anni sono esentate dall’obbligo di indossare il velo per coprire interamente il viso. Anche negli autobus vengono effettuate ispezioni ad opera degli uomini dell’Isis, che controllano caso per caso che le donne indossino ogni singolo capo d’abbigliamento previsto dal fanatico codice, e che siano accompagnate da un mahram. E di recente, a Mosul, l’Isis ha ordinato la chiusura di tutti i saloni di parrucchiere. Drammatica la storia di Samah Nasir, 43 anni, che ha deciso di riaprire il salone nonostante il divieto, perché ormai lei-parrucchiera di professione da 9 anni-non aveva altro modo per dare da mangiare ai propri figli, e pagare le cure mediche per il marito malato.
In seguito a questo fatto, l’Hisbah si presentò a casa sua, portando suo marito davanti alla corte della sharia. Quindi dichiarò che la donna, come pena per aver sfidato le leggi imposte dai terroristi, avrebbe dovuto pagare l’equivalente di 1.500 dollari, e ricevere 10 frustate ai piedi. “Non mi sono mai trovata in una simile situazione” ha confessato Samah agli inviati del The Guardian, aggiungendo poi che ora vive nel terrore, ed esce di casa solo quando strettamente necessario.
Un crudo spaccato che racconta quanto possa essere spaventosa e terrorizzante la vita sotto una dittatura religiosa.
Fabio Sabbatani Schiuma
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